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Legittimo il licenziamento dell’infermiere destinatario di gravi reclami formulati dai pazienti
Tribunale di Roma Sezione lavoro Sentenza n. 10223 del 3 dicembre 2021 - Gravità della condotta ai sensi della lett. A) art. 42 (già 41) del CCNL AIOP
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
La pronuncia oggi in commento affronta il caso di un infermiere licenziato da un importante Ospedale romano per essere stato destinatario, in un arco temporale ristretto, di ben due reclami scritti da parte di distinti pazienti, i quali lamentavano condotte fortemente inappropriate nelle fasi pre e post esami diagnostici, quali, per il primo, l’aver estratto il tappo del raccordo del deflussore con la bocca, l’aver sottovalutato i sintomi lamentati, l’aver ripulito una ferita con carta prelevata dal bagno comune; per la seconda, l’averla trattata in maniera arrogante, deridendola ed umiliandola.
Il lavoratore impugnava la risoluzione innanzi il Tribunale di Roma, il quale, in prima fase, ritenendo ultroneo procedere con la prova per testi, rigettava il ricorso, sancendo espressamente in ordinanza: ““le condotte addebitate, così come puntualmente descritte nel dettaglio dei reclami presentati dai pazienti, … risultano con ogni evidenza gravi e censurabili, atteso il delicato compito che un infermiere è chiamato a svolgere e che sempre va svolto con attenzione e cura e deve mantenersi scevro da atteggiamenti e comportamenti quali descritti nei reclami dei pazienti”. Il Tribunale specificava inoltre che: “appare idoneamente dimostrato il fatto posto a base del provvedimento recessivo impugnato, attraverso le puntuali indicazioni provenienti dai reclami dei pazienti, a uno dei quali ha fatto seguito un referto di pronto soccorso”.
L’ex dipendente proponeva opposizione ed il Giudice della seconda fase riteneva di esperire apposita istruttoria, ascoltando anche i due pazienti. All’esito, emetteva la sentenza in esame, respingendo ancora una volta il ricorso proposto, con condanna del lavoratore alle spese di lite.
Il Tribunale, richiamando il contenuto della precedente pronuncia, ribadisce infatti, come “il tenore letterale delle deposizioni testimoniali, che sostanzialmente confermano quanto lamentato dai testi […] e [..] nei reclami in atti, porta a ritenere, invece, giustificato il licenziamento del ricorrente. Deve, infatti, considerarsi, ai fini della valutazione del comportamento tenuto dal […], la particolare natura delle mansioni svolte, condividendosi, sul punto, quanto affermato dal Giudice in sede sommaria, laddove si evidenzia che il delicato compito assegnato all’infermiere impone cura ed attenzione verso i pazienti. Le deposizioni dei testi addotti da parte ricorrente non forniscono elementi probatori idonei a qualificare in termini diversi i comportamenti denunciati dai pazienti […] e […] e, d’altronde, non può non darsi rilievo alla
circostanza che ben due pazienti si siano lamentati dei comportamenti tenuti dal ricorrente nell’esecuzione della prestazione lavorativa. Di contro, scarso rilievo probatorio hanno le dichiarazioni contenute nelle trascrizioni delle conversazioni telefoniche allegate agli atti, posto che le stesse oltre a non fornire alcun puntuale riscontro probatorio di segno opposto a quello risultante dalle deposizioni testimoniali dei pazienti, contengono delle valutazioni personali degli interlocutori del […] e, in quanto tali, non incidono sul quadro probatorio”.
In ultimo, il Tribunale, affrontando l’eccezione formulata da controparte, secondo cui il datore di lavoro avrebbe dovuto adottare una sanzione conservativa e non espulsiva, chiarisce la portata della lett. A) dell’art. 42 (già 41 del CCNL), specificando che “la lettera A dell’art. 41 del ccnl espressamente contempla la sanzione del licenziamento nei casi previsti dal capoverso precedente (tra i quali quelli contestati al ricorrente), qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità. E nel caso in esame, i comportamenti appaiono connotati da particolare gravità: sicuramente grave è il comportamento tenuto nei confronti della [..] e grave è anche l’aver portato il paziente […] nel bagno comune per lavare il sangue che usciva dalla cannula. Non meno grave è l’atteggiamento complessivo tenuto nei confronti di entrambi i pazienti”.
Il Giudice, dunque, si è conformato al principio giurisprudenziale oramai consolidato (v. Cass. n. 27939 del 13 ottobre 2021) secondo cui “in materia di licenziamenti disciplinari, nell’ipotesi in cui un comportamento del lavoratore, qualificato dal datore di lavoro come giusta causa di licenziamento, sia configurato dal contratto collettivo come infrazione disciplinare cui consegua una sanzione conservativa, il giudice non possa discostarsi da tale previsione (per la condizione di maggior favore fatta espressamente salva dall’art. 12 l. 604/1966), a meno che non accerti che le parti non avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. 7 maggio 2015, n. 9223; Cass. 5 maggio 2017, n. 11027; Cass. 16 maggio 2020, n. 8621; Cass. 10 luglio 2020, n. 14811)”.
Resta comunque fermo che, ove l’infrazione che determini la sanzione espulsiva non sia espressamente tipizzata, ma ricondotta, come nel caso di specie, ad una “maggiore gravità” rispetto a quelle conservative, il relativo accertamento compete al magistrato, il quale, caso per caso, e dunque con una certa discrezionalità, valuterà se la condotta sia effettivamente grave o riconducibile a sanzioni conservative.
È opportuno dunque che il datore, allorquando intenda procedere con una risoluzione sulla base della lett. A) art. 42 CCNL, effettui un accertamento preventivo sulla effettiva gravità del fatto, tale da scongiurare una diversa interpretazione da parte dei Giudici di merito.