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Licenziato il dipendente per non aver comunicato il proprio stato di fragilità
Tribunale di Roma, Sez. lavoro, ordinanza del 12 luglio 2021
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
Con l’ordinanza in commento, la Sezione lavoro del Tribunale Civile di Roma ha affrontato il caso di un medico dipendente di una nota Casa di Cura romana licenziato per aver omesso di comunicare tempestivamente all’azienda di essere soggetto a patologie croniche incompatibili con il luogo di lavoro, ponendo conseguentemente a repentaglio non solo la propria salute, ma anche l’azienda la quale aveva distaccato lo stesso in un Centro Covid, con cui aveva sottoscritto un contratto di rete.
Ricorreva in Tribunale il lavoratore instando per l’annullamento del recesso datoriale, chiedendo l’accertamento e la dichiarazione dell’insussistenza dei fatti posti a base del recesso datoriale, ovvero che gli stessi risultassero sanzionati dalla contrattazione collettiva con un provvedimento conservativo e chiedendo al Giudice di accertare che l’azienda avesse proceduto al trasferimento in un “Ospedale Covid”, senza procedere ad una preventiva verifica della sua idoneità lavorativa a prestare servizio nella nuova e diversa sede lavorativa ad alto rischio biologico.
Si costituiva in giudizio la Casa di Cura evidenziando come il lavoratore fosse stato destinatario di diverse contestazioni disciplinari e difendendo la legittimità dell’operato recesso, sulla scorta della mancata tempestiva comunicazione da parte del lavoratore della propria qualità di lavoratore fragile all’azienda, la quale, in ragione di tale grave omissione del lavoratore, aveva determinato il temporaneo il distacco del proprio dipendente presso un Centro Covid, in violazione di quanto previsto dal Protocollo di intesa tra Governo Parti sociali (il quale, per violazioni di siffatta natura, prevede finanche la sospensione dell’attività).
La condotta del lavoratore risultava altresì aggravata dall’aver la Struttura, a mezzo del proprio medico competente, esplicitamente e preventivamente richiesto ai lavoratori di comunicare eventuali criticità relative al proprio stato di salute, con particolare focus sui dipendenti con età maggiore di 55 anni con una o più patologie croniche certificate.
Benché il ricorrente avesse i suddetti requisiti, aveva omesso di notiziare l’azienda del proprio stato di salute, manifestando la propria incompatibilità al lavoro presso un centro Covid esclusivamente in una diffida trasmessa a distacco quasi terminato.
Quanto alla pretesa omissione della visita medica prima del distacco, parte datoriale evidenziava come, durante la prima fase della pandemia, le visite ex art. 41 del D.Lgs. 81/08 “non urgenti” fossero state differite alla luce delle Direttive Regionali e Ministeriali in materia, prontamente recepite dal medico competente operante in azienda e comunicate ai lavoratori. In particolare, veniva evidenziato che quest’ultimo, aveva comunicato che “nella situazione di emergenza attuale, non potendosi garantire le misure previste per gli operatori sanitari nonché l’esecuzione di alcuni esami strumentali previsti dal protocollo sanitario … le visite periodiche non urgenti vengono momentaneamente sospese e riprogrammate nei tempi e nei modi che il medico competente comunicherà in seguito”.
Investito della questione, il Giudice del lavoro ha evidenziato come risultasse dirimente per decisione della controversia la mancata comunicazione da parte del lavoratore del proprio stato di fragilità, circostanza influente sia sulla determinazione aziendale del distacco temporaneo, sia sulla mancata effettuazione della visita preventiva da parte del medico competente.
Ed invero, in accoglimento delle eccezioni formulate dalla Casa di Cura, il Tribunale ha espressamente affermato che “risultano riconducibili al ricorrente i gravi fatti oggetto di contestazione disciplinare e posti alla base del licenziamento. Risulta, infatti, accertato che il ricorrente, di età maggiore di 55 anni, ha violato precise disposizioni aziendali, omettendo di comunicare tempestivamente all'azienda, pur avendone l'obbligo, le gravi patologie croniche dalle quali è afflitto, menzionate per la prima volta solo nella lettera-diffida …, a distacco ormai quasi terminato, ponendo così a repentaglio la sua salute ed esponendo la datrice di lavoro al rischio di essere sanzionata per avere adibito, sia pure temporaneamente, un lavoratore con plurime patologie croniche, in un contesto di piena emergenza sanitaria, presso un Centro Covid”.
Alla stregua di quanto sopra, il Giudice ha dunque dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare erogato dall’azienda sanitaria, ritenendo che la condotta del lavoratore denotasse una “grave negligenza del dipendente nell'adempimento dei propri doveri, in violazione del generale obbligo di diligenza e osservanza di cui all'art. 2104 cc e di cui all'art. 11 CCNL applicato, di gravità tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro, sicché la misura espulsiva appare del tutto proporzionata rispetto ai fatti contestati”.
Il provvedimento in commento costituisce il primo approdo della giurisprudenza in materia di “omessa comunicazione” da parte di un lavoratore del proprio stato di fragilità, il quale, alla stregua dell’art. 20 del D.Lgs. 81/08, non è un mero destinatario delle norme di sicurezza, ricadendo su di questo l’obbligo di prendersi cura attivamente della propria salute.
Di tal che il Giudice, nell’applicare i suesposti principi, ha ritenuto la violazione delle disposizioni di sicurezza tale da consentire a parte datoriale di risolvere il rapporto di lavoro.
Con l’ordinanza in commento, la Sezione lavoro del Tribunale Civile di Roma ha affrontato il caso di un medico dipendente di una nota Casa di Cura romana licenziato per aver omesso di comunicare tempestivamente all’azienda di essere soggetto a patologie croniche incompatibili con il luogo di lavoro, ponendo conseguentemente a repentaglio non solo la propria salute, ma anche l’azienda la quale aveva distaccato lo stesso in un Centro Covid, con cui aveva sottoscritto un contratto di rete.
Ricorreva in Tribunale il lavoratore instando per l’annullamento del recesso datoriale, chiedendo l’accertamento e la dichiarazione dell’insussistenza dei fatti posti a base del recesso datoriale, ovvero che gli stessi risultassero sanzionati dalla contrattazione collettiva con un provvedimento conservativo e chiedendo al Giudice di accertare che l’azienda avesse proceduto al trasferimento in un “Ospedale Covid”, senza procedere ad una preventiva verifica della sua idoneità lavorativa a prestare servizio nella nuova e diversa sede lavorativa ad alto rischio biologico.
Si costituiva in giudizio la Casa di Cura evidenziando come il lavoratore fosse stato destinatario di diverse contestazioni disciplinari e difendendo la legittimità dell’operato recesso, sulla scorta della mancata tempestiva comunicazione da parte del lavoratore della propria qualità di lavoratore fragile all’azienda, la quale, in ragione di tale grave omissione del lavoratore, aveva determinato il temporaneo il distacco del proprio dipendente presso un centro covid, in violazione di quanto previsto dal Protocollo di intesa tra Governo Parti sociali (il quale, per violazioni di siffatta natura, prevede finanche la sospensione dell’attività).
La condotta del lavoratore risultava altresì aggravata dall’aver la Struttura, a mezzo del proprio medico competente, esplicitamente e preventivamente richiesto ai lavoratori di comunicare eventuali criticità relative al proprio stato di salute, con particolare focus sui dipendenti con età maggiore di 55 anni con una o più patologie croniche certificate.
Benché il ricorrente avesse i suddetti requisiti, aveva omesso di notiziare l’azienda del proprio stato di salute, manifestando la propria incompatibilità al lavoro presso un centro Covid esclusivamente in una diffida trasmessa a distacco quasi terminato.
Quanto alla pretesa omissione della visita medica prima del distacco, parte datoriale evidenziava come, durante la prima fase della pandemia, le visite ex art. 41 del D.Lgs. 81/08 “non urgenti” fossero state differite alla luce delle Direttive Regionali e Ministeriali in materia, prontamente recepite dal medico competente operante in azienda e comunicate ai lavoratori. In particolare, veniva evidenziato che quest’ultimo, aveva comunicato che “nella situazione di emergenza attuale, non potendosi garantire le misure previste per gli operatori sanitari nonché l’esecuzione di alcuni esami strumentali previsti dal protocollo sanitario … le visite periodiche non urgenti vengono momentaneamente sospese e riprogrammate nei tempi e nei modi che il medico competente comunicherà in seguito”.
Investito della questione, il Giudice del lavoro ha evidenziato come risultasse dirimente per decisione della controversia la mancata comunicazione da parte del lavoratore del proprio stato di fragilità, circostanza influente sia sulla determinazione aziendale del distacco temporaneo, sia sulla mancata effettuazione della visita preventiva da parte del medico competente.
Ed invero, in accoglimento delle eccezioni formulate dalla Casa di Cura, il Tribunale ha espressamente affermato che “risultano riconducibili al ricorrente i gravi fatti oggetto di contestazione disciplinare e posti alla base del licenziamento. Risulta, infatti, accertato che il ricorrente, di età maggiore di 55 anni, ha violato precise disposizioni aziendali, omettendo di comunicare tempestivamente all'azienda, pur avendone l'obbligo, le gravi patologie croniche dalle quali è afflitto, menzionate per la prima volta solo nella lettera-diffida …, a distacco ormai quasi terminato, ponendo così a repentaglio la sua salute ed esponendo la datrice di lavoro al rischio di essere sanzionata per avere adibito, sia pure temporaneamente, un lavoratore con plurime patologie croniche, in un contesto di piena emergenza sanitaria, presso un Centro Covid”.
Alla stregua di quanto sopra, il Giudice ha dunque dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare erogato dall’azienda sanitaria, ritenendo che la condotta del lavoratore denotasse una “grave negligenza del dipendente nell'adempimento dei propri doveri, in violazione del generale obbligo di diligenza e osservanza di cui all'art. 2104 cc e di cui all'art. 11 CCNL applicato, di gravità tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro, sicché la misura espulsiva appare del tutto proporzionata rispetto ai fatti contestati”.
Il provvedimento in commento costituisce il primo approdo della giurisprudenza in materia di “omessa comunicazione” da parte di un lavoratore del proprio stato di fragilità, il quale, alla stregua dell’art. 20 del D.Lgs. 81/08, non è un mero destinatario delle norme di sicurezza, ricadendo su di questo l’obbligo di prendersi cura attivamente della propria salute.
Di tal che il Giudice, nell’applicare i suesposti principi, ha ritenuto la violazione delle disposizioni di sicurezza tale da consentire a parte datoriale di risolvere il rapporto di lavoro.