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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

Licenziamento disciplinare: proporzionalità e disvalore ambientale
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Licenziamento disciplinare: proporzionalità e disvalore ambientale

Corte di Cassazione, Sentenza n. 24619 del 2.10.2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavoristico della Sede nazionale

La vicenda processuale segnalata prende le mosse dal licenziamento disciplinare comminato ad una dipendente, gerente di un punto vendita, per aver ripetutamente abusato della propria posizione gerarchica sovraordinata per compiere una serie di attività incompatibili con il proprio ruolo, nonché rimproverare e mortificare le colleghe ad essa sottoposte.
In particolare alla lavoratrice veniva contestato l’aver introdotto nel negozio una sarta di fiducia al fine di farsi confezionare un abito identico a un modello in vendita; l’aver svolto attività telefonica di cartomanzia in orario di lavoro; l’avere messo da parte e occultato capi di abbigliamento e altri oggetti destinati alla vendita; l’aver indossato capi destinati alla vendita durante l’orario di lavoro; l’essersi ripetutamente assentata dal negozio senza autorizzazione; l’avere ripetutamente rimproverato e mortificato le colleghe alla stessa sottoposte, in qualità di gerente del punto vendita, in particolare non prestando soccorso a una commessa che si era sentita male e anzi rivolgendole offese e costringendo due colleghe, che stavano consumando il pranzo sul tavolo del magazzino, a mangiare su di un cartone appoggiato sul pavimento.
Nonostante tali evidenze la Corte di appello di Genova, in riforma della Sentenza del Tribunale, riteneva che taluni dei fatti addebitati alla lavoratrice non fossero stati sufficientemente provati e come, in ogni caso, valutati nel loro complesso, non risultassero di tale gravità da giustificare il licenziamento.
Ricorreva per Cassazione l’Azienda con ben sette motivi di ricorso evidenziando tra l’altro, per ciò che qui compete, l’aver “la Corte di appello ritenuto che i fatti contestati alla lavoratrice non fossero, valutati nel loro complesso, di gravità tale da giustificare il licenziamento”, nonché “avere la Corte trascurato di considerare le mansioni di gerente svolte dalla lavoratrice nel punto vendita di Genova e le maggiori responsabilità connesse a tale ruolo”.
La Corte, investita del ricorso, richiamava il proprio consolidato orientamento secondo cui “per stabilire se sussiste la giusta causa di licenziamento con specifico riferimento al requisito della proporzionalità della sanzione occorre accertare in concreto se – in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore d’opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava – la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, risulti obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro” (Si vedano tra le altre Cass. n. 12798/2018).
Inoltre, la Cassazione riteneva che la sentenza impugnata non avesse considerato, oltre alla molteplicità dei fatti ascritti, il ruolo svolto dalla lavoratrice e le connesse responsabilità tanto sul piano di un più intenso obbligo di diligenza, come del dovere di comportamenti tali da costituire positivi riferimenti per i propri sottoposti.
In tal senso, “relativamente alla necessità di valutare la condotta del lavoratore anche alla luce del “disvalore ambientale” che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, può assurgere per gli altri dipendenti dell’impresa a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi connessi al rapporto di lavoro”.
In altre parole la Corte, nel cassare l’impugnata sentenza ritenendo la condotta tenuta dalla dipendente giusta causa del recesso datoriale, ha rimarcato due importanti principi di diritto, ovvero in caso di impugnativa di un licenziamento disciplinare, ai fini di valutare la proporzionalità dello stesso, è necessario prendere in esame la complessiva condotta del lavoratore, anche nella sua portata soggettiva, e l’eventuale idoneità a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario che deve sovraintendere ad ogni rapporto di lavoro.
In seconda battuta, effettuata tale valutazione, il Giudice non può esimersi dal valutare l’impatto del contegno del lavoratore sulla realtà ambientale e il conseguente disvalore ambientale cagionato dai comportamenti assunti con particolare attenzione alla posizione professionale rivestita.
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