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Legittimo il licenziamento in caso di utilizzo da parte del lavoratore dei permessi ex lege n. 104 per attività diverse dall’assistenza al familiare disabile
Cassazione Sez. Lavoro n. 6468 del 12 marzo 2024.
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale
L’ordinanza in commento affronta il caso di un licenziamento disciplinare intimato ad una lavoratrice dalla banca datrice di lavoro “per assenza ingiustificata a seguito di anomali allontanamenti dal posto di lavoro, soprattutto in connessione con la fruizione di permessi ex lege n. 104/1992 in favore di genitori infermi”. La ex dipendente impugnava giudizialmente l’operata risoluzione e sia il Tribunale che la Corte di appello ne sancivano la legittimità.
La Corte, in particolare, riteneva provato che la lavoratrice, nelle ore imputate a permesso per l'assistenza a genitori disabili, non l'avesse affatto prestata in modo rilevante e significativo, essendosi dedicata ad altre attività; il complessivo comportamento tenuto dalla dipendente, dunque, si era tradotto in un atto illecito, avendo dimostrato un sostanziale disinteresse della lavoratrice per le esigenze aziendali, integrando una grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto di lavoro idoneo a legittimare il recesso per giusta causa del datore di lavoro a maggiore ragione relativamente ad un settore di particolare delicatezza come quello bancario, nonché ad una qualifica così elevata come quella in possesso della dipendente, dalla quale la Banca si sarebbe attesa un corretto svolgimento delle mansioni affidatele. La Corte territoriale confermava altresì la legittimità del ricorso da parte dell’azienda ai controlli investigativi, essendo stati effettuati non per verificare la mera violazione di obblighi contrattuali nell’esecuzione della prestazione lavorativa, ma soltanto il comportamento illecito del lavoratore non riconducibile al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale prospettata.
Per la riforma di tale sentenza proponeva ricorso in cassazione la lavoratrice.
La Suprema Corte, nel confermare la precedente pronuncia, ha innanzitutto ribadito il fatto che l’utilizzo, da parte del lavoratore, dei permessi ex lege 104 per attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, può costituire giusta causa di licenziamento, in quanto ciò vìola le finalità per cui il beneficio è stato concesso. Gli Ermellini evidenziano infatti come l’assenza dal lavoro e la fruizione dei permessi ex lege 104 debba essere correlata direttamente con l’assistenza al disabile, non essendo possibile un utilizzo diverso del permesso, specificando che “tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela; ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e, dunque, si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto (cfr. Cass. n. 17968 del 2016), o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell'Ente assicurativo (v. Cass. n. 9217 del 2016)”.
In virtù di ciò, ha evidenziato l’ordinanza che è possibile e legittimo il controllo del dipendente da parte del datore di lavoro, anche attraverso l’utilizzo di agenti investigativi, che vadano a verificare eventuali comportamenti che possono configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente.
Per tali motivi, la Cassazione ha rigettato il ricorso con condanna della lavoratrice alle spese di lite.