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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

Contratti a termine illegittimi: modificate le disposizioni per il risarcimento dei danni
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Contratti a termine illegittimi: modificate le disposizioni per il risarcimento dei danni

D.L. 16 settembre 2024, n. 131 (c.d. “Decreto Salva Infrazioni).

Sonia Gallozzi, consulente giusavorista Sede Nazionale

In data 17 settembre 2024 è entrato in vigore il D.L. n. 131 del 16 settembre 2024 (c.d. Decreto salva infrazioni) avente ad oggetto “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”, il quale è anche intervenuto sulla disciplina dei contratti a tempo determinato.

Ed infatti, l’articolo 11 del citato decreto - sulla scorta della richiesta della Ue di allineare la normativa italiana alla Direttiva 1999/70/CE in materia di lavoro a tempo determinato – ha modificato l’art. 28 del Dlgs 81/2015, commi 2 e 3, inerente alla quantificazione del risarcimento dovuto ai lavoratori nelle ipotesi di conversione del contratto a tempo a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il quale, prima della novella, disponeva che “nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.

Tale indennità era espressamente volta a ristorare il dipendente per l’intero pregiudizio retributivo e contributivo subito nel periodo compreso tra la scadenza del termine illegittimo apposto al contratto di lavoro e la pronuncia con la quale il Giudice ordinava la ricostituzione a tempo indeterminato del rapporto medesimo. Non si poteva, dunque, andare oltre le 12 mensilità anche se tra data di scadenza del contratto termine e data di emissione del provvedimento giudiziale di accertamento dell’illegittimità del termine fosse trascorso, anche a causa delle lungaggini processuali, un intervallo nettamente superiore.

Orbene, l’articolo 11, comma 1, lettera a) del Decreto Legge oggi in commento, per quanto di nostro interesse, ha aggiunto, dopo il primo periodo dell’articolo 28, comma 2, del Dlgs 81/2015, la seguente disposizione: “Resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”, riconoscendo in capo al giudice, in caso di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, la possibilità di condannare il datore ad un indennizzo superiore a 12 mensilità - misura massima dell’indennità risarcitoria prevista dallo stesso articolo 28, comma 2, del Dlgs 81/2015 – fermo restando l’onere della prova in capo al lavoratore con riferimento al “maggior danno” subito.

Se da un lato dunque la previsione introdotta (ove confermata in sede di conversione del DL) ha l’obiettivo di ridurre l’illegittimo ricorso al contratto a tempo determinato, dall’altro non pare in linea con i canoni di certezza e celerità, posto che, nell’ipotesi di conversione del contratto a tempo indeterminato, il giudice (con un giudizio più lungo, dovendo espletare più ampia istruttoria) può stabilire l’indennizzo da riconoscere al lavoratore senza che vi siano parametri oggettivi cui fare riferimento per la determinazione dello stesso, con inevitabili ripercussioni economiche in capo al datore che non può avere contezza ex ante delle conseguenze di una eventuale condotta illegittima.

 

 

 

 

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