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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

Il rapporto è autonomo se l’infermiere riceve direttive solo sanitarie e fornisce le proprie disponibilità
1989

Il rapporto è autonomo se l’infermiere riceve direttive solo sanitarie e fornisce le proprie disponibilità

Tribunale del lavoro di Roma –Sentenza n. 8314 del 12 ottobre 2022

La Sezione Lavoro del Tribunale di Roma, sul solco della precedente pronuncia n. 9007 del 02.11.2021, già commentata, è tornata a pronunciarsi su un caso di un infermiere che aveva prestato la propria attività presso una casa di cura romana in regime libero professionale, il quale, dopo aver risolto il rapporto, conveniva in giudizio la Struttura affinché venisse accertata la natura subordinata del rapporto intercorso con quest’ultimo, con condanna di controparte alla corresponsione di differenze retributive a vario titolo, altri emolumenti e competenze di fine rapporto.

Si costituiva in giudizio la Casa di Cura, contestando l’avversa pretesa e deducendo che il lavoratore aveva sempre lavorato in regime libero-professionale, fornendo le proprie disponibilità alla copertura di uno più turni, essendo libero di non lavorare anche per lunghi periodi e di allontanarsi dalla Casa di Cura in qualunque momento, senza bisogno di autorizzazione, non dovendo giustificare la propria assenza. Precisava altresì la convenuta società che il badge veniva utilizzato solo per il calcolo delle ore fatturate e che il professionista non era sottoposto a ordini o disposizioni, dovendo soltanto rapportarsi con il direttore sanitario e la caposala per questioni mediche, svolgendo il proprio lavoro sulla base di protocolli interni.

Il Tribunale di Roma, espletata istruttoria, riteneva di rigettare in toto il ricorso. Motivava la propria decisione, evidenziando innanzitutto che “ai fini della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, al di là del nomen juris eventualmente attribuito dalle parti al contratto ove esistente, deve ricorrere in concreto l’assoggettamento del prestatore di lavoro alle altrui direttive; questo, infatti, costituisce il quid proprii della subordinazione, ad un tempo suo connotato tipico ed elemento di discrimine rispetto al lavoro autonomo. La giurisprudenza, tuttavia, ha individuato una serie di altri criteri, complementari e sussidiari, che assurgono ad indici della natura subordinata del rapporto per l’ipotesi in cui sia impossibile rintracciare, in concreto, l’elemento suddetto; è questo un metodo di riconoscimento c.d. tipologico che postula il raffronto tra modalità di svolgimento della prestazione e fattispecie astratta (ex plurimis, Cass. 12033/1992 che fa riferimento a criteri “... ……, i quali, se, individualmente considerati, sono privi di valore decisivo, ben possono essere valutati globalmente come indizi probatori da parte del giudice del merito.”.

A parere del Giudice,  dunque, così come sancito dalla recente pronuncia della Suprema Corte n. 5436/2019, presentandosi l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui in forma attenuata in quanto non agevolmente apprezzabile a causa dell’atteggiarsi del rapporto […] occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della “collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale”.

Alla stregua dunque di detto orientamento giurisprudenziale, cui il Giudice riteneva di conformarsi, quest’ultimo esaminava i singoli criteri sussidiari indicati in ricorso dal professionista a sostegno della sua domanda, pervenendo alla conclusione che l’istruttoria espletata, letta unitamente al corredo documentale, non aveva consentito di raggiungere la prova certa, il cui onere gravava sul ricorrente, della eterodirezione della casa di cura nel senso sopra chiarito.

Nello specifico, statuiva che “la prestazione di infermiere professionale all’interno di una struttura qual è quella in esame può essere svolta tanto nella forma del lavoro autonomo quanto in quella, più comune, del lavoro subordinato, e che “Non possono essere confusi,..., gli aspetti di subordinazione necessariamente connessi alle modalità, al luogo ed ai tempi di svolgimento della prestazione, che come tali sono ineliminabili e perciò ineriscono ad essa, indipendentemente dalla sua natura subordinata o autonoma, come ad esempio la sottoposizione tecnica e funzionale rispetto ai medici addetti (che, a loro volta, possono essere subordinati o autonomi), gli orari di presenza, ecc, e gli aspetti che costituiscono, invece, precisi indici di subordinazione negoziale, come, ad esempio, la soggezione ad orari e a turni determinati dal datore di lavoro”. Pertanto, nella nostra ipotesi possono considerarsi aspetti neutri ovvero compatibili con la natura autonoma dell’attività aspetti quali l’identica modalità di espletamento delle mansioni fra infermieri con rapporto di dipendenza e infermieri “liberi professionisti”, la presenza di direttive tecniche – anzi, la natura professionale dell’attività rende superflua la specificazione delle direttive impartite agli infermieri che si sostanziano nella indicazione delle cure da somministrare al paziente –, l’utilizzo da parte di tutti i lavoratori dei mezzi e delle attrezzature della casa di cura, compreso il camice di lavoro, dunque l’inserimento nell’organizzazione della struttura”.

Quanto poi ai “turni”, il Giudice romano riteneva che nulla fosse emerso circa la “rigida predisposizione da parte datoriale”, atteso che “nell’ambito di strutture flessibili caratterizzate
dalla compresenza, a fianco del personale “strutturato”, di lavoratori autonomi, è ben possibile tener conto delle indicazioni anche dei dipendenti quanto, piuttosto, della rigida osservanza dei turni una volta che fossero stati predisposti e dell’eventualità per il lavoratore che non si fosse attenuto ai turni ed agli orari di subire conseguenze disciplinari; sono valorizzabili in direzione opposta la possibilità che nei turni si creassero dei vuoti …e la possibilità di scambio dei turni ….; la libertà di determinazione trova riscontro anche nella convenzione sottoscritta in data 4.7.2017 da 36 infermieri, incluso il ricorrente, con […] nella quale si dà atto che i professionisti si sono riuniti in una Associazione Professionale di fatto volta all’offerta del servizio “attraverso una autonoma, fungibile ed intercambiabile organizzazione del loro lavoro,...” al fine di assicurare a ciascun operatore “piena libertà ed autonomia” e possibilità di svolgere contestualmente altra attività professionale a favore di terzi, rendendo compatibile la disponibilità alle prestazioni infermieristiche con le “esigenze cliniche” e con gli “impegni professionali e personali” al tempo stesso

Il Tribunale riscontrava altresì la non continuità e sistematicità della prestazione, incrinata nel caso di specie dalla presenza di diversi periodi non lavorati, più o meno lunghi, la non giustificazione delle assenze e la mancata autorizzazione aziendale “per la fruizione di permessi, congedi e sospensione del lavoro”.

Esaminati dunque i fatti, rigettava in toto il ricorso proposto dal professionista, confermando la piena autonomia nello svolgimento dell’attività espletata in favore della resistente e ritenendo insufficienti gli ulteriori elementi evidenziati dal ricorrente, quali la continuità della prestazione, l’utilizzo della strumentazione presente in reparto, l’assenza di rischio di impresa ed il pagamento dei compensi commisurato alle ore lavorate.

 

In allegato il testo della sentenza

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