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La Sentenza n. 1099/2022 della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro.
La specificità del patto di prova
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
La Suprema Corte con la pronuncia in oggetto ha affrontato il caso di un lavoratore che aveva richiesto l’accertamento della nullità del patto di prova apposto al suo contratto di lavoro a tempo determinato, indicato con un mero rinvio per relationem alle mansioni di un determinato livello del CCNL di categoria senza indicazione specifica del profilo professionale e la conseguente nullità del recesso datoriale intimato per mancato superamento della prova con condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito fino alla naturale scadenza del contratto.
La Corte d’Appello, confermando la precedente pronuncia di primo grado, con cui era stato accolto il ricorso del lavoratore, rilevava un importante elemento di incertezza in ordine alle mansioni richieste, oggetto della prova, in quanto “la declaratoria collettiva relativa alla posizione professionale di inquadramento della lavoratrice evocava fra i compiti di possibile adibizione, accanto a quelli di pulizia, lavori agli stessi “analoghi”, espressione che secondo la Corte di merito ampliava in maniera indefinita l’ambito delle mansioni in concreto riconducibili al livello considerato”.
La pronuncia veniva impugnata dalla società innanzi la Corte di Cassazione, la quale ribadiva il principio (analogamente, v. Cass. n. 9597/2017 e Cass. n. 11582/2014) secondo cui il contenuto delle mansioni sulle quali deve svolgersi la prova va specificato nel contratto individuale di lavoro e che il requisito della specificità è funzionale al corretto esperimento del periodo di prova ed alla valutazione del relativo esito che deve essere effettuato in ordine alla prestazione ed alle mansioni di assegnazione quali individuate nel contratto individuale. Specificava altresì che tale contratto può essere integrato “tramite il rinvio per relationem alle declaratorie del contratto collettivo con riferimento all’inquadramento del lavoratore, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché, se la categoria di un determinato livello accorpi una pluralità di profili, è necessaria l’indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria”. Tale specificazione, dunque, secondo giurisprudenza consolidata, può avvenire anche mediante il rinvio alle declaratorie del contratto collettivo relative all’inquadramento del lavoratore, purché si tratti di un richiamo adeguatamente esplicativo delle mansioni di riferimento, che non privi cioè di concretezza l’indicazione dei compiti ai quali adibire il lavoratore.
Solo così, infatti, potrà essere “funzionale al corretto esperimento del periodo di prova ed alla valutazione del relativo esito che deve essere effettuata in relazione alla prestazione e mansioni di assegnazione quali individuate nel contratto individuale”.
Nel caso in esame, dunque, il rinvio, pur ammissibile, ai contenuti della qualifica e del livello di inquadramento del contratto collettivo di riferimento, corrispondenti a quelli attribuiti alla lavoratrice, all’esito della concreta verifica da parte dei giudici, è risultato non idoneo a conferire specificità al contenuto dei compiti sui quali avrebbe dovuto svolgersi la prova, facendo riferimento – come detto – oltreché ai compiti “di pulizia” anche ad altri “lavori agli stessi «analoghi»”, rendendo così indefinito l’ambito delle mansioni e quindi impossibile la riconducibilità ad uno specifico livello.
Per tali motivi, il ricorso datoriale veniva respinto.