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Programmare i posti letto di terapia intensiva guardando al post Covid
Intervista al professor Gabriele Pelissero pubblicata su Il Foglio 17.12.2021
"Il costo di un posto letto in terapia intensiva varia da un minimo di 80mila euro ad un massimo di 140mila in relazione al livello tecnologico richiesto. Le attrezzature elettromedicali, monitoraggio centralizzato e ventilazione sono la parte maggiore della spesa che può variare da 50 a 80 mila euro". Lo afferma Alessandro Aghito, direttore commerciale di Altamed, azienda che opera nel mercato italiano e internazionale e che progetta, fornisce e installa sistemi chiavi in mano per aree critiche ospedaliere.
Un letto di terapia intensiva in un ospedale tedesco. La pandemia ha evidenziato la necessità di cambiare l' approccio alla pianificazione degli investimenti in campo sanitario.
In emergenza è stato necessario agire tempestivamente e proprio le terapie intensive, che hanno aiutato i medici a salvare la vita a migliaia di italiani, hanno giocato un ruolo fondamentale. In termini sanitari ma anche e soprattutto di controllo pandemico, visto che la soglia in area critica è uno dei fattori considerati dal Cts per il cambio di fascia. Le regioni che più hanno investito in posti letto in terapia intensiva e subintensiva hanno evitato il passaggio o, nel peggiore dei casi, ritardato considerevolmente il cambio di colore.
"Per realizzare una terapia intensiva media di 10- 15 posti letto dal progetto approvato - spiega Aghito - servono circa 4- 6 mesi. La fase di progettazione purtroppo però può essere molto lenta e durare anche 10- 12 mesi".
Tra il 18 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021 durante la gestione dell' emergenza da parte del commissario Domenico Arcuri l'Italia aveva iniziato a dotarsi, tra i primi paesi al mondo, delle ' armi' necessarie a contrastare il virus.
Nelle ore in cui ai direttori sanitari della penisola tremavano i polsi per il timore della saturazione dei posti disponibili e indispensabili per salvare la vita ai casi più gravi, l'Italia ha rintracciato sul mercato internazionale macchine di ventilazione e altri dispositivi necessari al potenziamento della capacità nazionale, al punto che prima dell' emergenza in Italia c' erano 5.179 posti letto di terapia intensiva e, a distanza di un anno, al primo marzo 2021, sono risultati attivi 9.064 posti con ulteriori 793 attivabili. Nel complesso una capacità raddoppiata. Capacità che è ancora nelle disponibilità di gran parte delle regioni italiane.
In Campania, ma anche nelle regioni del nord, giacciono nei depositi delle aziende ospedaliere decine e decine di ventilatori acquistati dal primo commissario Covid su richiesta proprio delle diramazioni del Sistema sanitario nazionale.
Un investimento importante iniziato durante la gestione commissariale prima da Domenico Arcuri e proseguito dal generale Figliuolo e che può avere una spinta decisiva, in termini di investimenti preventivi in sanità, con risorse che per forza di cose dovranno essere sempre più consistenti.
"Il Covid ha evidenziato come la flessibilità nell' utilizzo della risorsa ospedaliera sia fondamentale. - sostiene Gabriele Pelissero, professore di Igiene all' università degli studi di Pavia e presidente di Fondazione Sanità Futura -. Siamo stati bravi a modellare la nostra rete di offerta sanitaria in modo da cambiarla rapidamente e renderla disponibile per affrontare una nuova malattia. Al contempo però è venuta meno la capacità di rispondere ad altri bisogni sanitari proprio perché la nostra rete di offerta ospedaliera era troppo piccola per affrontare sia l' emergenza che l' attività ordinaria. Questo vuol dire che dobbiamo ripensare a una rete ospedaliera per il futuro che tenga conto di questa necessità".
"I parametri ospedalieri italiani sono i più bassi di tutta l' unione Europea, noi abbiamo 2,7 posti letto ogni mille abitanti rispetto a Francia e Germania che ne hanno praticamente il doppio. - conclude Pelissero - Usciamo da un periodo in cui il mito della deospedalizzazione e della riduzione dell' attività specialistica sia ambulatoriale che ospedaliera si era molto diffuso, adesso dobbiamo ricollocare questa tematica nella sua giusta dimensione e ricalcolare la dimensione del Servizio sanitario nazionale in modo da rispondere meglio a questi mutati bisogni. La spesa sanitaria del nostro paese deve tornare ad adeguarsi a quelli che sono i livelli di spesa pro capite dei paesi a noi simili, perché dobbiamo investire di più sulla salute dei cittadini".