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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

L’esercizio del potere di denuncia non può essere fonte di responsabilità per il lavoratore, a meno che non ne faccia un uso strumentale e distorto
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L’esercizio del potere di denuncia non può essere fonte di responsabilità per il lavoratore, a meno che non ne faccia un uso strumentale e distorto

Tribunale del lavoro di Cassino - Ordinanza del 18 ottobre 2021

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La pronuncia affronta il caso di un dipendente di una casa di cura laziale licenziato per giusta causa per avere questi sporto querela nei confronti del proprio datore di lavoro per asserite condotte mobbizzanti e ritorsive, pur nella piena consapevolezza della non veridicità dei fatti denunciati e comunque nella consapevolezza di raccontarli in maniera totalmente distorta, avendo peraltro, reiteratamente, in presenza di dipendenti della clinica ed anche di estranei, con tono minaccioso, proferito frasi indirizzate al legale rappresentante del seguente tenore: “Lo devo distruggere, gli devo fare male, mi invento qualsiasi cosa, la deve pagare anche per mio fratello”…”.

Impugnato il licenziamento, si costituiva in giudizio la casa di cura, evidenziando che la legittimità della risoluzione era avvalorata non solo dall’esito di molteplici procedure disciplinari, nelle quali i provvedimenti erano stati confermati anche in sede arbitrale, ma anche dalle sommarie informazioni acquisite dal P.M. in corso di indagini, in cui i fatti, come denunciati dal ricorrente, erano stati integralmente smentiti dai sommari informatori, ed il cui esito aveva poi portato alla richiesta di archiviazione del procedimento penale.

Il Tribunale di Cassino, rigettando il ricorso del lavoratore, precisava che, seppur “il lavoratore ha pieno diritto di agire in giudizio nei confronti del datore di lavoro al fine di tutelare i propri diritti ed interessi”, le motivazioni poste a fondamento dell'iniziativa non debbono comunque travalicare le finalità per cui la stessa è pienamente riconosciuta e ammessa dall'ordinamento, specificando che “… tanto può certamente verificarsi nel caso in cui il lavoratore presenti dinanzi all'Autorità giudiziaria la denuncia di fatti di potenziale rilievo penale accaduti nell'azienda, a condizione che emerga il carattere calunnioso della denuncia medesima, che richiede la consapevolezza da parte del lavoratore della non veridicità di quanto denunciato e, quindi, la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi (Cass. 4125/2017, 14249/2015, 6501/2013), al solo scopo di arrecare un pregiudizio al datore di lavoro, esponendolo di proposito a conseguenze dannose e che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti”.

Il Giudice, richiamando la giurisprudenza sul punto, evidenziava dunque che “in ordine alla sussumibilità della denuncia-querela di fatti di potenziale rilievo penale accaduti nell'azienda nell'ambito della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento, occorre esaminare non tanto e non solo la fondatezza delle accuse mosse dal ricorrente al proprio datore di lavoro, quanto piuttosto desumere dai comportamenti delle parti anche antecedenti alla presentazione della querela se vi fosse un animus nocendi del [dipendente] nei confronti del legale rappresentante della società convenuta, consistente nella consapevolezza della non veridicità di quanto denunciato, dovendo quindi dapprima accertare e poi valutare, nella prospettiva della consapevolezza della non veridicità delle accuse, gli aspetti concreti della vicenda dedotta in giudizio, l'eventuale deterioramento delle relazioni instauratesi, nel tempo precedente la presentazione della denuncia, tra il lavoratore e la datrice di lavoro (e per essa i suoi organi), il contesto fattuale nel quale era maturata la decisione del lavoratore di rivolgersi al giudice penale, il grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del ricorrente, l'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo”.

Esaminati dunque i fatti, il Tribunale rigettava in toto il ricorso proposto dall’ex dipendente confermando “la piena consapevolezza della non veridicità di quanto denunciato dal […], il quale si è rivolto all’autorità penale al solo dichiarato scopo di nuocere al proprio datore di lavoro”.

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