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DM 70: lo studio Aiop-Nomisma
Il rischio del documento, così come concepito, è la penalizzazione dei territori periferici e, in generale, un incremento delle diseguaglianze.
Nel corso dell’analisi sul DM70 e sulle ipotesi di modifica al documento, il Centro Studi Aiop ha elaborato un progetto per studiare l’impatto degli standard minimi di volume sulla popolazione di cittadini-utenti. Lo studio, realizzato con la collaborazione di Nomisma, ha voluto indagare sia l’effetto di una applicazione diretta dei requisiti previsti, sia l’effetto di una applicazione governata, risultato di una programmazione, tanto a livello regionale quanto a livello nazionale, che tenga conto dei contesti di riferimento.
Qui di seguito una nota a firma di Luigi Scarola, Responsabile Pubblica Amministrazione ed Economia Sociale, Nomisma, e Paola Piccioni, Project Manager, Nomisma
La Missione 6 del PNRR, così come il DM71, evidenzia in maniera netta la direzione di una riforma imperniata su una progressiva riduzione della pressione sulle strutture ospedaliere per livelli di complessità crescenti e contestuale potenziamento dall’assistenza domiciliare, della telemedicina, degli ospedali di comunità.
È del tutto evidente che le strutture ospedaliere private accreditate saranno coinvolte in maniera sostanziale dall’oramai incontrovertibile cambiamento. L’integrazione tra i luoghi di cura, anche secondo il modello Hub and Spoke, pur rispondendo ad una apprezzabile logica di efficienza, passa necessariamente per una complessità organizzativa che non deve scaricare i costi sui cittadini.
Il rischio è, infatti, la penalizzazione dei territori periferici e, in generale, un incremento delle diseguaglianze.
Il DM70 prevede sia per i volumi che per gli esiti le soglie minime per la riconfigurazione del sistema e per l’accreditamento.
Da un approfondimento effettuato da Nomisma risulta, tuttavia, che non sempre il rapporto tra volumi di attività, esiti delle cure e numerosità specifica per ciascun valore del rapporto tra volumi ed esiti consente di effettuare valutazioni oggettive per la scelta delle soglie di accreditamento.
Se si prendono, ad esempio, gli interventi di by pass aorto-coronarico, nel 2019 sono state erogate 14.185 prestazioni in 94 strutture dislocate sul territorio nazionale (56 pubbliche e 38 private, considerando solo le strutture che hanno erogato almeno cinque interventi). Ciò ha consentito di garantire prestazioni in 52 province su 107 e in 19 regioni su 21 (considerando autonomamente la provincia di Trento e quella di Bolzano). Il requisito fissato dal DM70 prevede che le strutture debbano erogare almeno 200 interventi l’anno. Applicando un coefficiente di tolleranza del 10%, oltre il 50% degli interventi sarebbe stato erogato in strutture non conformi, mentre sarebbero solo 28 (18 pubbliche e 10 private) le strutture conformi, dislocate in 24 province e 12 regioni. È evidente che l’impatto nei territori più fragili, già interessati da forte mobilità passiva, potrebbe essere molto rilevante.
Tuttavia, basterebbe una gestione flessibile che preveda margini di tolleranza ragionati e una ridistribuzione guidata degli interventi effettuati nelle strutture non conformi ai requisiti di volume per aversi una più equa distribuzione dei luoghi di cura sul territorio e permettere l’accesso alle prestazioni anche a chi ha maggiori problemi di spostamento. Secondo le valutazioni effettuate da Nomisma si potrebbe così ottenere una copertura simile all’attuale, con 15 regioni e 41 province che ospiterebbero strutture autorizzate ad effettuare le prestazioni.
Di seguito delle tabelle esemplificative rispetto al By-pass aortocoronarico.
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