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Notizie dalla Liguria

CCNL. Cittadini: “Bene l'apertura Ministro, sia così tempestivo anche per chi opera nelle strutture private”

Dichiarazioni pubblicate su Quotidiano Sanità lo scorso 23 novembre 2018

"L’apertura del Ministro Giulia Grillo alle richieste dei sindacati dei medici che operano nella componente di diritto pubblico del SSN, è un’ottima notizia. Chiediamo che possa essere attivato, con la stessa tempestività, un confronto anche con la componente del SSN di diritto privato, nella quale lavorano 12mila medici, 26mila infermieri e tecnici e oltre 32mila operatori socio-sanitari, che ogni giorno consentono di dare una risposta alla domanda di salute degli italiani, contribuendo, in modo determinante, all’offerta sanitaria del Paese”, lo dichiara Barbara Cittadini, Presidente Nazionale AIOP, a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Salute.

Gdpr. Valutazione di impatto per i trattamenti transfrontalieri

Il Garante individua le operazioni a rischio

D’ora in poi, pubbliche amministrazioni e aziende italiane che effettuano trattamenti di dati volti ad offrire beni e servizi anche a persone residenti in altri Paesi dell’Unione europea avranno uno strumento in più per applicare correttamente il nuovo Regolamento sulla protezione dei dati. Il Garante per la privacy ha predisposto, come stabilito per le Autorità di controllo nazionali dal Gdpr, un elenco delle tipologie di trattamento che i soggetti pubblici e privati dovranno sottoporre a valutazione di impatto. L’elenco recepisce le osservazioni del Comitato europeo per la protezione dei dati al quale era stato sottoposto dal Garante per il prescritto parere.
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Notizie Aiop Nazionale

Il rifiuto del part time può giustificare il licenziamento
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Il rifiuto del part time può giustificare il licenziamento

Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 12244 del 9 maggio 2023.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

La pronuncia esaminata affronta il caso di un dipendente, il quale, in un contesto di riorganizzazione aziendale, aveva rifiutato l’offerta di riduzione dell’orario di lavoro, venendo quindi licenziato per soppressione del posto di lavoro.

Nello specifico, a fronte di un esubero del personale di un supermercato ove i soci titolari avevano operato una riorganizzazione aziendale, subentrando essi stessi in alcune attività ordinarie e quotidiane, questi assumevano la determinazione di procedere con la riduzione dell’orario per tre dipendenti, rappresentando l’orario a tempo pieno un costo non sostenibile dal momento che – come visto – proprio i titolari aziendali avevano deciso di prestare personalmente la propria attività all’interno del punto vendita. Tale proposta di riduzione veniva rivolta ai tre lavoratori al fine di preservare comunque il posto di lavoro, in prospettiva di nuovi cambiamenti in futuro (una nuova espansione o semplicemente delle condizioni economiche diverse), dei quali solo due accettavano.

Il terzo, avendo rifiutato, veniva licenziato ed impugnava la risoluzione, sostenendo la natura ritorsiva del licenziamento ovvero che il datore di lavoro avesse proceduto al recesso per ragioni punitive, per essersi rifiutato di raggiungere un accordo sull’orario di lavoro.

Sia in primo che in secondo grado il ricorso veniva rigettato. Il lavoratore impugnava dunque la pronuncia in Cassazione.

Orbene, la Suprema Corte, pur partendo dall’assunto di cui all’art. 8, comma 1, D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 nel quale  è stabilito che “il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”, ha comunque chiarito che, seppur in presenza di uno stringente onere probatorio a carico del datore di lavoro, non vi è ragione per ritenere illegittimo il medesimo licenziamento se viene dimostrato che sussistano effettive esigenze economiche e organizzative, tali da far venire meno l’esigenza di un dipendete a tempo pieno; che vi sia stata una concreta proposta scritta al dipendente, finalizzata alla salvaguardia del rapporto di lavoro e alla prosecuzione delle stesso, e che della medesima il dipendente abbia ben compreso la portata (in termini di successivo esubero); ed infine che la riduzione dell’orario di lavoro e il licenziamento siano intimamente connesse, dunque persista una situazione di esubero per impossibilità del datore di mantenere determinati livelli di organico.

Alla stregua di quanto sopra, la Corte ha riconosciuto che il datore di lavoro può legittimamente licenziare il dipendente che rifiuta il passaggio al part time dimostrando che tale era l’unica scelta percorribile per la salvaguardia del posto di lavoro e che, diversamente operando, la compagine aziendale non avrebbe avuto più necessità di un dipendente a tempo pieno.
Per tali motivi, la Cassazione ha respinto il ricorso proposto dall’ex dipendente, confermando la legittimità dell’operata risoluzione.

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