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Notizie dalla Liguria

Il Presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha avuto un primo incontro al Ministero della Salute

Primo positivo incontro, al Ministero della salute, del Presidente nazionale, Barbara Cittadini, insieme al professor Gabriele Pelissero, nel corso del quale sono stati affrontati alcuni temi di assoluta attualità e priorità per il comparto. Le parti hanno condiviso l'individuazione di un percorso per la soluzione delle problematiche affrontate. Si è, difatti, convenuto che verrà fissata, nei primi giorni di settembre, una riunione operativa per approfondire i temi di maggiore rilievo. Nel corso del confronto il Presidente nazionale ha avuto modo di rappresentare la potenzialità dell'Associazione Italiana Ospedalità Privata, che riunisce, al suo interno, imprenditori con una visione di sistema, che le consente di essere una componente del SSN che garantisce un'offerta sanitaria adeguata ai bisogni reali degli italiani che, nel tempo, sono profondamente mutati.

Il Presidente nazionale promuove il primo incontro tra i Presidenti delle Sedi Aiop non strutturate

Primo incontro operativo previsto a Roma il prossimo 16 luglio 2018

Il Presidente, Barbara Cittadini, come ampiamente rappresentato in occasione dell’Assemblea generale di maggio, nel corso degli incontri e confronti avuti nelle Sedi regionali, ha rilevato le difficoltà e criticità che, quotidianamente, i Presidenti regionali Aiop devono affrontare e gestire nell'esercizio del loro ruolo di rappresentanza.
Temi e problemi, sovente, comuni ma gestiti con risorse e strumenti differenti, in base alla consistenza numerica delle strutture associate e, quindi, all’organizzazione delle Sedi regionali. Incontrano, ovviamente, maggiori difficoltà i Presidenti che operano in regioni con poche strutture associate e che, di conseguenza, non hanno una sede strutturata in termini di risorse umane, che possano dedicarsi alla gestione dell'ordinario e, anche, alla programmazione di iniziative di sviluppo e supporto dell'azione associativa.
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Notizie Aiop Nazionale

Informaiop: Simboli religiosi sul luogo di lavoro, quando il divieto è legittimo
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Informaiop: Simboli religiosi sul luogo di lavoro, quando il divieto è legittimo

Corte di Giustizia Europea Sentenza del 13 ottobre 2022 nella causa C-344/20

Il mancato accordo tra la candidata al tirocinio e l'imprenditore permaneva anche quando, in seconda battuta, la donna riproponeva la propria domanda dichiarandosi disposta a indossare un altro tipo di copricapo, proposta rifiutata, non essendo consentito sul luogo di lavoro l'uso di cappelli, berretti o veli al fine di coprire la capigliatura. Da ciò la segnalazione della donna all'ente pubblico indipendente competente per la lotta contro la discriminazione in Belgio e successivamente il ricorso davanti al tribunale del Lavoro affinché venisse inibita tale decisione, poiché – a suo dire - la mancata conclusione del contratto di tirocinio sarebbe stata fondata direttamente o indirettamente sulle sue convinzioni religiose, e quindi discriminatoria in via diretta.

La questione veniva dunque rimessa dal Tribunale alla Corte di Giustizia Europea, a cui veniva demandata, tra le altre, la questione “se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso che una disposizione di un regolamento di lavoro di un’impresa che vieta ai dipendenti di manifestare verbalmente, con l’abbigliamento o in qualsiasi altro modo, le loro convinzioni religiose, filosofiche o politiche, di qualsiasi tipo, costituisce, nei confronti dei dipendenti che intendono esercitare la loro libertà di religione e di coscienza indossando visibilmente un segno o un indumento con connotazione religiosa, una discriminazione diretta «basata sulla religione o sulle convinzioni personali», ai sensi di tale direttiva”.

Orbene, la Corte, sul punto, ha innanzitutto tenuto a chiarire che “una norma interna di un’impresa che vieta soltanto di indossare segni vistosi di grandi dimensioni di convinzioni segnatamente religiose o filosofiche può costituire una discriminazione diretta, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78, nei casi in cui tale criterio sia inscindibilmente legato a una o più religioni o convinzioni personali determinate (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, WABE e MH Müller Handel, C-804/18 e C-341/19, EU:C:2021:594, punti 72 e 73)”.

Ha quindi esaminato il caso di specie, pervenendo alla conclusione che la questione sottoposta alla Corte riguardasse una norma che non vietava di indossare segni vistosi di grandi dimensioni, bensì di indossare qualsiasi segno visibile di convinzioni politiche, filosofiche o religiose sul luogo di lavoro, di tal che, richiamando anche precedenti della stessa Corte di Giustizia, ha ribadito che una norma interna di un’impresa privata che vieti di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile di convinzioni politiche, filosofiche o religiose, non costituisce una discriminazione diretta “basata sulla religione o sulle convinzioni personali”, “qualora essa riguardi qualsiasi manifestazione di tali convinzioni, senza distinzione alcuna, e tratti in maniera identica tutti i dipendenti dell’impresa, imponendo loro, in maniera generale ed indiscriminata, segnatamente una neutralità di abbigliamento che osta al fatto di indossare tali segni (sentenze del 14 marzo 2017, G4S Secure Solutions, C-157/15, EU:C:2017:203, punti 30 e 32 nonché del 15 luglio 2021, WABE e MH Müller Handel, C-804/18 e C-341/19, EU:C:2021:594, punto 52). 34”. Peraltro aggiungono i Giudici europei, “dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che non è stato sostenuto che S.C.R.L. non avrebbe applicato il regolamento di lavoro di cui trattasi nel procedimento principale in maniera generale e indiscriminata o che la ricorrente nel procedimento principale sarebbe stata trattata diversamente da qualsiasi altro dipendente che avesse manifestato la propria religione o le proprie convinzioni religiose o filosofiche indossando visibilmente segni, indumenti o in qualsiasi altro modo”.

Per tali motivi, veniva dunque confermata la legittimità della condotta assunta dall’azienda in sede di colloquio di lavoro.

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