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Il DM 71 arriva in Conferenza Stato-Regioni
Ecco la bozza del decreto ministeriale che individua i nuovi standard per l’assistenza sanitaria sul territorio
Barbara Castellano, Relazioni Istituzionali della Sede nazionale
Il Ministro della Salute Roberto Speranza, audito lo scorso 15 febbraio in Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, in merito al tema della riforma dell'assistenza sanitaria territoriale nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del PNRR, lo aveva annunciato: “Pronto il decreto sull’assistenza del territorio”.
È stato effettivamente così.
Il DM 71 – la controparte territoriale del DM 70 sugli standard ospedalieri – è stato trasmesso, negli scorsi giorni, alla Conferenza Stato-Regioni per acquisirne l’intesa.
La crisi della sanità territoriale durante le ondate Covid è tra i motivi principali alla base della revisione degli standard dell’assistenza territoriale alla quale sono state legate le progettualità del PNRR.
E, infatti, la riforma degli attuali assetti delle cure primarie di cui al DM 71 ha il compito di indirizzare la spesa delle risorse del Pnrr.
A vigilare sul rispetto degli standard, ai sensi dell’art. 2 del Decreto, sarà Agenas, che dovrà presentare una relazione semestrale sullo stato di implementazione, in ogni singola regione e provincia autonoma degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico.
È, tuttavia, l’Allegato 1 del decreto che contiene il cuore del provvedimento attraverso il quale valorizzare i servizi territoriali del SSN.
Questo risultato, come si legge nel secondo paragrafo dell’Allegato, è perseguito:
- attraverso lo sviluppo di strutture di prossimità, come le Case della Comunità, quale punto di riferimento per la risposta ai bisogni di natura sanitaria, sociosanitaria a rilevanza sanitaria per la popolazione di riferimento;
- attraverso il potenziamento delle cure domiciliari affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell’assistenza;
- attraverso l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale e lo sviluppo di équipe multiprofessionali che prendano in carico la persona in modo olistico, con particolare attenzione alla salute mentale e alle condizioni di maggiore fragilità ("Planetary Health");
- con logiche sistematiche di medicina di iniziativa e di presa in carico, attraverso la stratificazione della popolazione per intensità dei bisogni;
- con modelli di servizi digitalizzati, utili per l’individuazione delle persone da assistere e per la gestione dei loro percorsi, sia per l’assistenza a domicilio, sfruttando strumenti di telemedicina e telemonitoraggio, sia per l’integrazione della rete professionale che opera sul territorio e in ospedale;
- attraverso la valorizzazione della co-progettazione con gli utenti;
- attraverso la valorizzazione della partecipazione di tutte le risorse della comunità nelle diverse forme e attraverso il coinvolgimento dei diversi attori locali (Aziende Sanitarie Locali, Comuni e loro Unioni, professionisti, pazienti e loro caregiver, associazioni/organizzazioni del Terzo Settore, ecc.)
Al centro del DM 71 è il Distretto sanitario, di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio.
La programmazione dovrà prevedere i seguenti standard:
- almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;
- Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di LiberaScelta (PLS) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;
- almeno 1 Infermiere di Famiglia o Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia o Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola;
- almeno 1 Unità di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;
- 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il Distretto abbia un bacino di utenza maggiore;
- almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti.
Qui la bozza del Decreto Ministeriale.