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La prescrizione dei crediti da lavoro in costanza di rapporto
Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale
In materia di prescrizione dei crediti lavorativi, in via generale, trova applicazione il disposto dell'art. 2948 c.c. ai sensi del quale le somme corrisposte dal datore di lavoro al prestatore con periodicità annuale o infrannuale (art. 2948, n. 4 c.c.) e le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro (art. 2948, n. 5, c.c.) si prescrivono nel termine quinquennale, mentre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c., assume nella materia lavoristica un rilievo soltanto residuale.
Per converso, la tematica della decorrenza di tale termine non ha mai trovato una specifica disciplina nel nostro ordinamento, con la conseguente applicazione del principio generale di cui all’art. 2935 c.c. alla stregua del quale la prescrizione di un diritto inizia a decorrere dal momento in cui lo stesso può essere fatto valere.
Pertanto, sino alla pubblicazione della Legge Fornero (L. n. 92/2012), il termine decorreva pacificamente in costanza di rapporto e, in caso di rivendicazioni, i lavoratori erano onerati a trasmettere al datore di lavoro una nota interruttiva della prescrizione, al fine di non veder pregiudicato il loro diritto.
Tale costruzione traeva la propria ragione nel carattere di stabilità del rapporto di lavoro offerto dall’art. 18 della Legge 300 del 1970 nella sua formulazione originale, che permetteva al lavoratore di non versare in alcun stato di soggezione, essendo la tutela reintegratoria il rimedio tipico a fronte di un licenziamento illegittimo.
Sul tema, infatti, la Corte Costituzionale aveva già enunciato il principio secondo cui la prescrizione dei crediti da lavoro decorre “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere … tutte le volte che il rapporto di lavoro subordinato [sia] caratterizzato da una particolare forza di resistenza la quale deriva da una disciplina che assicuri normalmente la stabilità del rapporto e fornisca la garanzia di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima risoluzione” (Corte Cost. n. 63/1966).
Nel tempo, con le modifiche apportate all’art. 18 della Legge 300/70 ad opera della Legge Fornero del 2012 e del Jobs act del 2015, ad opinione di illustri commentatori la “forza di resistenza” in caso di risoluzione illegittima è stata depotenziata, marginalizzando il rimedio della reintegra ad alcune violazioni particolarmente gravi e manifeste ed introducendo come sanzione tipica la monetizzazione del licenziamento in caso di accertata arbitrarietà dello stesso, con corresponsione della sola indennità risarcitoria.
Alla stregua di quanto sopra, sin dal 2012, la giurisprudenza è tornata ad interrogarsi sul tema della decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro in costanza di rapporto, esprimendosi con due orientamenti tra loro opposti.
Ed invero, si registrano numerose pronunce in favore della sospensione della decorrenza della prescrizione, tra cui, le sentenze del Tribunale di Alessandria, n. 4/2019, del Tribunale di Firenze, n. 25/2018, del Tribunale Milano n. 3460/2015 e della Corte di Appello di Milano n. 376/2019, che hanno accolto la tesi favorevole al lavoratore secondo cui, ai rapporti cui si applica l’art. 18 novellato, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno della cessazione del rapporto di lavoro.
In particolare, la Corte Meneghina, con la citata Sentenza n. 376/2019, ha ritenuto che il regime sanzionatorio per illegittimità del licenziamento di cui all’art. 18 “post Fornero” non garantirebbe quella stabilità del rapporto di lavoro, richiesta dalla giurisprudenza ai fini della decorrenza della prescrizione nel corso del rapporto, avendo la L. 92/2012 approntato “un articolato sistema sanzionatorio nel quale la reintegrazione è stata fortemente ridimensionata, riservata ad ipotesi residuali, che fungono da eccezione rispetto alla tutela indennitaria”, con l’effetto di determinare in capo al lavoratore “una condizione soggettiva di incertezza circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile nell’ipotesi di licenziamento illegittimo”.
In favore della tesi opposta, secondo cui la prescrizione di tali crediti decorrere in costanza di rapporto, si sono pronunciati il Tribunale di Milano con le Sentenze del 24.04.2014 e del 07.10.2016, Tribunale di Napoli con la Sentenza n. 7343/2019, nonché la stessa Corte d’Appello di Milano con la 35/2019.
In particolare, secondo il Tribunale di Milano “la riformulazione del sistema di tutele dovuta alla L. 92/2012, ed in particolare la non esclusiva applicazione della misura ripristinatoria quale sanzione per l’invalidità del recesso nell’area di applicazione dell’art. 18 S.L. non comporta alcun mutamento sostanziale della regola. Invero, la evidente ratio della diversa soluzione (la decorrenza della prescrizione dalla data di cessazione del rapporto di lavoro ove non operasse la garanzia della stabilità reale) è fondata sul metus del lavoratore nei confronti di un licenziamento ritorsivo, il quale … come è noto è tuttora assistito dalla piena garanzia reale” (Trib. di Milano, Sentenze del 24.04.2014 e del 07.10.2016).
In altre parole, ad avviso del Tribunale, la stabilità del rapporto può essere desunta dalla analisi della disciplina c.d. post-Fornero, che, per un verso, ha mantenuto la tutela reintegratoria in una serie di ipotesi di licenziamento illegittimo e, per altro verso, ha comunque previsto poste indennitarie di non esiguo valore.
Di identico tenore la pronuncia del Tribunale di Napoli “le modifiche introdotte dalla legge n. 92/ 2012 … hanno soltanto delimitato la reintegra nel posto di lavoro in presenza di licenziamento illegittimo, che resta assicurata proprio nelle ipotesi più gravi di recesso datoriale esercitato dal contraente più forte che si avvalga illecitamente della sua superiorità economica” (Tribunale di Napoli, Sent. n. 7343/2019).
Alla stregua dell’incertezza che si registra in materia, si auspica un intervento del legislatore o quantomeno della Corte di Cassazione nell’esercizio della propria funzione nomofilattica.