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La nascita dei nuovi ammortizzatori sociali: verso una nuova speranza
Contributo pubblicato sul numero di giugno-luglio 2021 di Melius24, la newsletter realizzata da Il Sole 24 Ore
David Trotti, Consulente della Sede nazionale e Presidente regionale AIDP Lazio
Il tema che in questo numero verrà affrontato è quello inerente i nuovi ammortizzatori sociali, o meglio su come possono essere pensati gli ammortizzatori nel futuro, alla luce di tutto quello che l’esperienza della Covid-19 ci ha insegnato. Per cominciare questo articolo partiremo da una "evento" del passato, consapevoli che il presente nasce proprio dal passato ed il presente genera il futuro. Una delle cose che mi è sempre rimasta impressa, all’inizio del mio lavoro di Direttore del personale, è la divisione della Cassa Integrazione tra Ordinaria e Straordinaria. La prima finalizzata alla ripresa, la seconda finalizzata alla conclusione della vita lavorativa e che in appendice ha la vecchia disoccupazione, ora Naspi. Una logica che rivisitata, credo, si possa applicare anche al futuro a condizione che sia messa in connessione con un’altra grande scommessa, quella delle politiche attive del lavoro. Oggi, anche a causa di quello che è stato messo in campo per la gestione della crisi pandemica legata alla Covid e delle semplificazioni che sono state poste in atto ci si è resi conto che lo strumento ammortizzatori sociali deve essere rivisitato (soprattutto nella parte burocratica), in quanto anche nella massima semplificazione messa in campo nell’emergenza, gli ammortizzatori si sono rivelati complessi da gestire. Questa nuova consapevolezza ha portato in molti anche il bisogno di ragionare sull’istituto nel suo complesso, verificando aree critiche e di possibile sviluppo.
Per risolvere un problema bisogna leggere il testo attentamente e, dunque, partendo soprattutto da questa definizione: “Con il termine di ammortizzatori sociali si intende tutta una serie di misure che hanno l’obiettivo di offrire sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Sono dunque strumenti a cui devono ricorrere le aziende che si trovano in crisi e devono provvedere a riorganizzare la loro struttura e dunque a ridimensionare il costo del lavoro. La Direzione Generale degli Ammortizzatori sociali e della formazione cura, oltre che gli ammortizzatori sociali, anche l’attuazione degli interventi in materia di incentivi per l’occupazione nell’ambito di progetti innovativi e speciali in materia di welfare, con particolare riferimento a quelli finalizzati allo sviluppo di politiche attive e di quelli volte all’occupabilità del capitale umano. La Direzione Generale gestisce le risorse destinate a finanziarie una serie di incentivi all’occupazione a carico soprattutto del Fondo Sociale Occupazione e Formazione (FSOF). Si tratta soprattutto di contributi economici o sgravi contributivi concessi ai datori di lavoro per la stipula di determinate tipologie contrattuali, per l’assunzione di specifiche categorie di lavoratori (giovani, donne, disoccupati, soggetti svantaggiati) che si trovano in una condizione di debolezza nel mercato del lavoro o a rischio esclusione sociale. A carico del FSOF sono comprese anche le misure volte alla tutela di particolari categorie di lavoratori (giornalisti, lavoratori esposti all’amianto, soci di cooperative, etc.)”.
Preso atto di quanto sopra, è necessario precisare che ci occuperemo degli ammortizzatori dal punto di vista del lavoro dipendente e delle aziende, anche perché essi rappresentano un costo significativo pagato dalle aziende.Si auspica infatti, riecheggiando alcuni temi cari alla responsabilità sociale delle imprese, che questo costo si trasformi in un investimento sociale. Oggi, infatti, gran parte degli ammortizzatori e famiglia sono pagati dalle aziende con i contributi versati all’Inps, come per esempio:
• La Naspi, ovvero la vecchia disoccupazione (che ad esempio anche gli apprendisti pagano)
• Il FIS, la CIGO e la Cigs
• Altri istituti quali, ad esempio, il ticket di licenziamento.
Ma non tutti i settori pagano tutti questi contributi (eccetto il ticket di licenziamento). Infatti “settore che vai ammortizzatore che trovi” e, se non lo trovi, è presente comunque la Cassa Integrazione in Deroga (a totale carico dello stato), come è successo nel periodo che stiamo vivendo, caratterizzato da una crisi economica legata al Covid-19. In parole povere solo chi paga i contributi può avere l’ammortizzatore, che non è uguale per tutti. Infatti, un operaio metalmeccanico ed uno del terziario sono tutelati in maniera diversissima. Spesso la complessità della normativa e la sua farraginosità rendono le norme di difficile interpretazione, anche in elementi fondamentali per il loro uso, come il capire cosa sia una unità produttiva (a cui addirittura l’Inps ha dedicato specifici documenti, uno per tutti il Messaggio n. 1444 del 31- 03-2017), con il rischio (senza poter richiamare la lacunosità della norma) di vedersi disconoscere la provvidenza in caso di erronea interpretazione.
Per non parlare delle sanzioni collegate alle procedure molto complesse da seguire, spesso significative, come quella che è capitata a tanti nell’emergenza Covid-19, in cui per 5 giorni di ritardo nell’invio di un modello di pagamento, il cosiddetto SR41, il datore di lavoro si deve far carico degli ammortizzatori sociali (contributi compresi). Un altro aspetto da considerare, dal punto di vista del lavoratore, è che il reddito che esso genera è ridotto considerevolmente rispetto quello che si ha con il lavoro dipendente. Ricordiamo infatti che l’ammortizzatore consiste in una indennità pari all’80% della retribuzione che il dipendente avrebbe percepito per le ore di lavoro non prestate tra le zero ore ed il limite dell’orario contrattuale e, comunque, non oltre le 40 ore settimanali.
L’importo della prestazione, inoltre, non può superare un limite massimo mensile stabilito di anno in anno. Lasomma complessiva lorda che si percepisce deve essere decurtata, poi, di un importo pari all’aliquota contributiva prevista a carico degli apprendisti (5,84%) e successivamente soggetta a tassazione ordinaria. Per il 2021 la somma massima (che include anche le mensilità aggiuntive) che si può avere (anche se guadagni ordinariamente € 3.000,00 lordi) è:
• € 998,18 lordi mensili per quei lavoratori la cui retribuzione, comprensiva dei ratei di 13 e delle altre eventuali mensilità aggiuntive è inferiore o pari a € 2.159,48 lordi mensili;
• € 1.199,72 lordi mensili per i lavoratori che hanno una retribuzione superiore a € 2.159,48 lordi mensili.
Un’ultima cosa che è da sottolineare in questo ambito è il fatto che questi elementi economici non producono effetti secondari che agevolino il patrimonio di competenze del lavoratore e la sua collocabilità, posto che si limita non a dare un sussidio economico. È proprio questo il tema importante da sottolineare e sviluppare, oltre quello della semplificazione su cui si deve agire, ma questo aspetto lo approfondiremo successivamente. Abbiamo citato la semplificazione perché è un elemento richiesto da molti per il futuro degli ammortizzatori. Questo è vero ed importante purché alla loro base ci sia un cambio culturale che, si evidenzia, è legato al superare il concetto che, per evitare patologie, bisogna porre tante barriere burocratiche.
Dal punto di vista, da cui stiamo osservando il panorama, la principale semplificazione dovrà essere il frutto del superamento di questo concetto. Bisogna partire dalla fiducia e non dalla patologia (uso degli ammortizzatori sociali in maniera non corretta e conforme). Questo comporta che è necessario partire dalla considerazione della buona fede e del controllo a posteriori. Tutto ciò avendo la consapevolezza che esiste sempre la regola dell’80/20 e cioè che ci saranno sempre 20 casi su 100 che se ne approfitteranno per scopi puramente personali e illegali. Dovremo partire dagli 80 e non dai 20 e, quindi, eliminare tutta quella burocrazia nata per evitare che qualcuno se ne approfitti. Darei fiducia e poi controllerei con pene severissime per chi usa gli ammortizzatori in maniera impropria (sia per lavoratori che aziende).Questo il primo elemento da inserire nel nuovo.
Il secondo è legato ad un altro cambio culturale da mettere alla base del nuovo. Il periodo degli ammortizzatori non deve essere un periodo di stasi, aspettando che la crisi venga superata, od aspettando un nuovo lavoro. Il periodo in cui azienda e lavoratore usano gli ammortizzatori sociale deve essere un intervallo attivo e fruttuoso in termini di aumento di competenze e di (ri)qualificazione professionale. Dobbiamo passare dal considerarlo un periodo di crisi a gestirlo come opportunità.
Ulteriore aspetto è quello relativo al fatto che deve l’uso degli ammortizzatori deve riguardare anche i giovani non solo nello stato di disoccupato (uso della Naspi) ma anche in quello di inoccupato e coloro che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro. Fatte tutte queste premesse e considerazioni gettiamo le proposte in modalità tempesta di cervelli (brainstor ming), per stimolare od ancor meglio provocare il dibattito tenendo conto dell’obiettivo che abbiamo dichiarato: utilizzare gli ammortizzatori per la qualificazione o riqualificazione delle competenze e l’attenzione ai giovani. Chiavi di volta del loro uso futuro. Consapevole di tutto questo eccovi alcune riflessioni. Immaginando che ci siano, in continuità con ciò che succede oggi, due soli ammortizzatori sociali e che ce ne sia un terzo di nuova nascita.
Assicurazione sociale per la ripresa (ASR)
Questo ammortizzatore sarà universale ed esteso a tutti i settori con un ricalibrazione della contribuzione. Sarà rivolto alle aziende ed ai lavoratori e consisterà nel versamento da parte dell’INPS di una somma di denaro in favore dei lavoratori la cui retribuzione è diminuita per effetto di una riduzione dell’attività lavorativa dovuta a una temporanea difficoltà di mercato dell’azienda (calo della domanda) o ad altri eventi temporanei non dovuti a responsabilità del datore di lavoro o dei lavoratori. La temporaneità implica la previsione certa della ripresa dell’attività lavorativa. Oltre a sostenere il reddito del beneficiario, obiettivo di questo strumento è anche quello di mantenere presso le aziende i lavoratori già formati e di sollevare le aziende stesse, in temporanea difficoltà, dal costo del personale momentaneamente non utilizzato che può essere riammesso al lavoro, una volta superato il periodo di crisi. In questo caso l’elemento essenziale sarà la presentazione di un documento da parte dei datori di lavoro, ove indicare il progetto di ripresa e o riorganizzazione (eventuale). I lavoratori interessati, in base al progetto di ripresa, dovranno frequentare dei corsi di formazione e di aggiornamento messi a disposizione dallo Stato attraverso i Centri per l’Impiego. Corsi indicati nel documento presentato dall’azienda e che debbono essere funzionali ed in connessione al progetto di ripresa. Se il progetto non è possibile o non necessario, i lavoratori in ASR potranno essere utilizzati in base alle loro capacità, ed impiegati dagli enti dello stato in attività per il verde, la manutenzione e la sostenibilità o la informatizzazione degli archivi e la digitalizzazione (in sostanza LSU anche se su questo una ulteriore riflessione bi sognerebbe farla), oppure entreranno in una lista speciale gestita dai Centri per l’impiego, a cui potranno attingere le aziende per stipulare dei contratti a tempo determinato (fino al limite del godimento dell’ASPR). Le aziende che assumeranno da queste liste, per le stesse mansioni del lavoratore all’atto della messa in ASR, dovranno integrare l’ammortizzatore sociale fino allo stipendio tabellare del CCNL applicato in azienda (oltre tutti gli emolumenti previsti, straordinari, TFR, ratei….. ) e pagheranno i soli contributi Inps e Inail sulle competenze erogate dall’azienda stessa. In soldoni, il lavoratore riceverà la ASR dal datore che la recupererà in Uniemens ed integrerà fino ad arrivare allo stipendio di un lavoratore non ASR, il tutto con un meccanismo simile a quello che avviene per la malattia. I lavoratori dovranno godere di tutti gli istituti propri del rapporto di lavoro con la seconda azienda (in maniera analoga al distacco).
Questo allo scopo di mantenere la professionalità e dare un sostegno concreto al lavoratore che percepirebbe una retribuzione completa e permettere all’azienda che li utilizzerà di avere un lavoratore esperto e da subito produttivo.
Assicurazione sociale per il Collocamento (ASC)
Estesa a tutte le aziende ed a tutti i settori, con ricalibrazione dei contributi. Questo ammortizzatore si occupa delle crisi aziendali che non ipotizzano una ripresa e ingloba la Naspi, eliminando il ticket di licenziamento. Il lavoratore avrà questo ammortizzatore massimo per 12 mesi a seguito di dichiarazione di crisi irreversibile ovvero di riconversione. Caratteristica è che non si ipotizza un ripresa dell’attività aziendale. Il lavoratore dovrà frequentare un percorso di riqualificazione ed aggiornamento professionale concordato con i Centri per l’Impiego sulla base del bilancio delle competenze e della analisi del mercato del lavoratore per tutta la durata della ASC. Alla fine del percorso i lavoratori qualificati dal percorso se assunti a tempo determinato o indeterminato saranno assoggettati alla contribuzione degli apprendisti per 24 mesi (con copertura pensionistica piena, per la differenza a carico dello Stato). Potranno essere utilizzati anche dalla Pubblica amministrazione alle stesse condizioni, solo ovviamente con il contratto a tempo determinato in base alle graduatorie del fine percorso. Qualora lo crisi si risolva con un licenziamento e per i licenziamenti ordinari, la ASC durerà (ulteriori) 24 mesi riproporzionati in relazione al periodo lavorato (in maniera analoga a quanto succede ora per la Naspi). In questi 24 mesi il lavoratore frequenterà dei corsi di studio in collaborazione con le università o con gli ITS per il perfezionamento (qui sarebbe utile prevedere un titolo di studio ad hoc) ed il completamento o l’integrazione delle competenze in blocchi di almeno 6 mesi. Il lavoratore potrà essere assunto da una azienda a tempo determinato con le stesse caratteristiche precedentemente dette per la ASR. Qualora invece venga assunto a tempo indeterminato l’azienda alla fine del periodo di prova (per il periodo di prova avrà il trattamento previsto per l’assunzione a tempo determinato) per i mesi di godimento restante della ASC riceverà dallo stato i valori tabellari (max 12 mesi) previsti dal CCNL applicato e dovrà pagare solo i contributi Inps, Inail ed il TFR, in maniera intera sia per la quota azienda che lavoratore e tutti i valori non tabellari previsti dal contratto, il tutto con il sistema del conguaglio dei contributi.
Assicurazione sociale per la prima occupazione (ASPO)
Rivolta ai giovani (fino a 32 compiuti) laureati magistrali o diplomati ITS che dopo 3 anni dal conseguimento del titolo di studio non hanno trovato ancora un’occupazione. Le aziende potranno assumerli per 12 mesi con un tirocinio e lo Stato (attraverso l’Inps con il sistema del conguaglio) erogherà il 50% dell’indennità di stage pari ad € 400 e € 400 il datore di lavoro. Il tirocinante riceverà in totale euro 800. Il tirocinio non sarà gestito a livello regionale, ma dai Centri per l’impiego su normativa nazionale. Se a seguito dello stage il giovane verrà assunto a tempo determinato per almeno 12 mesi il datore di lavoro riceverà, come rimborso, i 400 euro che sono stati a suo carico per i 12 mesi di tirocinio. Se verrà assunto a tempo indeterminato riceverà per 12 mesi lo stipendio tabellare dallo stato in maniera identica alla ASC. Qualora i giovani con le caratteristiche anzidette si organizzino in forme societarie (con almeno la presenza di quattro quinti di giovani nella compagine che hanno le caratteristiche richiamate) o in forma di aziende individuali, non pagheranno tasse e contributi per 24 mesi e avranno un contributo a fondo perduto pari a 6 mesi di ASC, per ciascun giovane. Questo lavoro è terminato, ma chiudiamo rifacendoci al titolo dell’articolo e alla nuova speranza. Speriamo che nel futuro la forza che sarà con noi nel lavoro sia quella delle competenze e della professionalità a qualsiasi livello: da colui che cura l’igiene delle strade a chi governa una azienda di centomila persone.