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Notizie dalla Liguria

La scomparsa del Presidente Gustavo Sciachì

Presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000

Lo scorso 25 marzo si è spento l’avvocato Gustavo Sciachì, presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000. Un lungo tratto di strada che rende evidente la grande stima e la fiducia che l’Associazione ha risposto nella sua persona. La sua presidenza ha attraversato il tratto più lungo dei 50 anni della storia dell’Aiop, incidendo profondamente sullo sviluppo dell’Associazione, portandola ad acquisire soprattutto maggiore credibilità e forza nel confronto con le istituzioni regionali e nazionali.

Vietato curarsi negli ospedali migliori

Intervista al Presidente nazionale, Gabriele Pelissero, pubblicata su Il Giornale

«Stiamo scivolando verso una situazione inaccettabile - lancia l'allarme Gabriele Pelissero, presidente dell'Aiop -. Invece di migliorare il livello medio nelle regioni che più zoppicano, si vogliono introdurre filtri e blocchi contro le realtà all' avanguardia. E in questo modo, senza che l' opinione pubblica sia stata informata, si toglierà a migliaia di pazienti il potere di scegliere i centri più evoluti. Penso alle migliaia di persone che oggi puntano a Nord per farsi impiantare una protesi all' anca o al ginocchio».

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Notizie Aiop Nazionale

Legittimo il licenziamento disciplinare per mancata timbratura di uscita nella pausa pranzo
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Legittimo il licenziamento disciplinare per mancata timbratura di uscita nella pausa pranzo

Cassazione Civile Sez. Lavoro n. 30418 del 2 novembre 2023.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha affrontato il caso di una dipendente, collaboratrice amministrativa presso un Istituto scolastico statale, licenziata poiché, nel corso dell’anno 2017, in cinque occasioni si era allontanata dal posto di lavoro per la pausa pranzo, senza però utilizzare il badge sia in uscita che in entrata, così violando il disposto di cui all’art. 55-quater del decreto legislativo n. 165/2001 e successive modificazioni e integrazioni.

La lavoratrice impugnava giudizialmente la risoluzione e la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza emessa dal Tribunale con cui era stata dichiarata la legittimità del licenziamento disciplinare, specificando che, nonostante la Guardia di Finanza avesse accertato che la durata delle assenze contestate alla dipendente coincidesse “effettivamente con l’orario della pausa pranzo e si fossero protratte per un tempo sostanzialmente coincidente con la durata della pausa di almeno trenta minuti prevista dal CCNL comparto scuola per i lavoratori che prestano servizio in modo continuativo per un tempo superiore a 7 ore e 12 minuti (art. 51)”, ciò non poteva giustificare il mancato utilizzo del badge da parte dell’appellante. Tanto a conferma anche del principio generale di non retribuibilità della pausa, giusto quanto disposto dall’art. 8 D.Lgs. 66/03, e della necessità di timbrare in uscita all’inizio della stessa e ritimbrare in ingresso alla fine.

La Suprema Corte, dunque, dopo aver evidenziato che “è falsa attestazione non solo la alterazione/manomissione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, ma anche il non registrare le uscite interruttive del servizio”, ha ritenuto le motivazioni di cui alla sentenza impugnata coerenti con la giurisprudenza della Cassazione secondo cui “la modesta entità del fatto addebitato non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro”.

Gli Ermellini, pertanto, dopo aver evidenziato che “la condotta negligente, reiterata e grave, per le modalità con le quali è stata realizzata, lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’amministrazione datrice di lavoro e giustifica la massima sanzione espulsiva”, ha respinto il ricorso proposto dalla ex dipendente con condanna alle spese.

 

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