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Notizie dalla Liguria

La scomparsa del Presidente Gustavo Sciachì

Presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000

Lo scorso 25 marzo si è spento l’avvocato Gustavo Sciachì, presidente nazionale Aiop dal 1985 al 2000. Un lungo tratto di strada che rende evidente la grande stima e la fiducia che l’Associazione ha risposto nella sua persona. La sua presidenza ha attraversato il tratto più lungo dei 50 anni della storia dell’Aiop, incidendo profondamente sullo sviluppo dell’Associazione, portandola ad acquisire soprattutto maggiore credibilità e forza nel confronto con le istituzioni regionali e nazionali.

Vietato curarsi negli ospedali migliori

Intervista al Presidente nazionale, Gabriele Pelissero, pubblicata su Il Giornale

«Stiamo scivolando verso una situazione inaccettabile - lancia l'allarme Gabriele Pelissero, presidente dell'Aiop -. Invece di migliorare il livello medio nelle regioni che più zoppicano, si vogliono introdurre filtri e blocchi contro le realtà all' avanguardia. E in questo modo, senza che l' opinione pubblica sia stata informata, si toglierà a migliaia di pazienti il potere di scegliere i centri più evoluti. Penso alle migliaia di persone che oggi puntano a Nord per farsi impiantare una protesi all' anca o al ginocchio».

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Notizie Aiop Nazionale

Il licenziamento non deve essere determinato dall'andamento economico negativo dell’azienda
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Il licenziamento non deve essere determinato dall'andamento economico negativo dell’azienda

Cassazione Ordinanza n. 3819 del 14 febbraio 2020

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

L’ordinanza in commento muove dall’impugnazione da parte di un lavoratore del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dall’azienda all’esito di una ridistribuzione delle mansioni da questi rivestite tra il personale in servizio, che aveva comportato la soppressione del posto di lavoro del ricorrente.
L’ex dipendente adiva il Tribunale di Sulmona lamentando il carattere ritorsivo del provvedimento aziendale, nonchè l’insussistenza del motivo oggettivo addotto. Il Tribunale, sia in fase sommaria che in opposizione, dichiarava la legittimità del licenziamento. Tuttavia, la Corte di Appello dell’Aquila, investita della questione, riformava la pronuncia di primo grado e, nel ritenere esclusa la natura ritorsiva, dichiarava illegittimo il recesso, con declaratoria di risoluzione del rapporto e condanna della datrice di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 20 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, per non aver il datore di lavoro provato l’ulteriore elemento dell’andamento negativo che aveva imposto la riduzione dei costi e la rimodulazione dell’organizzazione del lavoro.
Entrambe le parti impugnavano la pronuncia innanzi la Suprema Corte.
In particolare, parte datoriale ricorreva in Cassazione per veder accertata la legittimità del licenziamento, avendo essa, diversamente da quanto dedotto dalla Corte territoriale, indicato, nella lettera di licenziamento, quale unica ragione di risoluzione, la riorganizzazione attuata tramite ridistribuzione delle mansioni precedentemente svolte dal lavoratore e non il suo andamento negativo.
Investita della questione, la Suprema Corte ribadiva un proprio solido orientamento, in base al quale, ove il licenziamento fosse intimato al lavoratore a causa della soppressione del posto determinata da una diversa redistribuzione delle mansioni tra il personale in servizio, il Giudice di merito, nell’effettuare il cd. riscontro di effettività, doveva avere riguardo della sola scelta aziendale di sopprimere il posto di lavoro occupato dal lavoratore medesimo e della verifica del nesso causale tra soppressione del posto e ragioni dell’organizzazione aziendale addotte a sostegno del recesso, rimanendo irrilevante l’obiettivo perseguito dall’imprenditore (fosse consistito esso in una migliore efficienza, in un incremento della produttività, ovvero nella necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie), a meno che l’obiettivo in questione, posto esclusivamente a base della causale addotta come causa diretta del recesso, si rivelasse pretestuoso e carente di veridicità.
In altre parole, la Suprema Corte, nel confermare il su esposto orientamento, evidenziava come l’andamento economico negativo dell’azienda “non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa” (cfr. Cass. n. 25201/16).
Diversamente, ha precisato la Corte che, ove il recesso sia motivato dall’esigenza di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese di carattere straordinario, sarà compito del giudice accertarne l’esistenza e, in caso negativo, il licenziamento sarà da ritenersi ingiustificato per la mancanza di veridicità e la pretestuosità della causale addotta.
Nella fattispecie in esame, dunque, la Cassazione cassava con rinvio la precedente pronuncia, riconoscendo la piena legittimità dell’operata risoluzione, poiché il controllo giudiziale doveva essere limitato alla verifica sulla reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore sui cui incombeva l’onere di provare l’effettività della riorganizzazione, quale “ragione organizzativa o produttiva” della soppressione del lavoro (cfr. Cass. n. 4015 del 2017) e non anche sull’effettivo andamento economico negativo dell’impresa che non costituiva, come detto, un presupposto essenziale della legittimità del licenziamento economico.
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