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Notizie dalla Liguria

Gabriele Pelissero nominato presidente del Cluster Lombardo Scienze della vita

Il Consiglio direttivo del Cluster lombardo Scienze della vita ha nominato il nuovo presidente. Si tratta di Gabriele Pelissero che prenderà il posto di Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri. “Sono onorato per questa nomina. - afferma Gabriele Pelissero - La filiera della salute è una grande opportunità di crescita per il territorio lombardo e per tutto il Paese, a livello nazionale rappresenta l’11% circa del Pil, per un valore di 200 miliardi di euro circa ed è quindi molto più ampia di quanto sembri. Parte dal lavoro dei giovani ricercatori, per concludere il suo ciclo al letto del paziente, grazie all’integrazione dei suoi tre capisaldi: industria, ricerca e sanità”.

Le politiche sanitarie sono anche politiche industriali e incidono sulla competitività

Intervento del Vice presidente Aiop, Barbara Cittadini, durante le Assise Generali di Confindustria

7.000 sono stati gli imprenditori che hanno partecipato, discusso e condiviso le proprie esperienze e la propria visione di futuro in occasione delle Assise generali di Confindustria dello scorso 16 febbraio. Ed è stata proprio in tale occasione che il Vice presidente Aiop, Barbara Cittadini, è intervenuta dichiarando come "La sanità, nelle sue componenti pubblica e privata, che nel nostro Paese rappresenta l'11% del Pil e dà lavoro a 2 milioni e mezzo di persone, rappresenta un fattore di sviluppo per il Paese, sia per il contributo dei settori economici coinvolti sia per il suo impatto sociale.
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Notizie Aiop Nazionale

Licenziabile il dipendente che abbia ammesso la condotta in sede di patteggiamento
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Licenziabile il dipendente che abbia ammesso la condotta in sede di patteggiamento

Cassazione Civile, Sez. lavoro, Sentenza n. 20560 del 19 luglio 2021

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

Com’è noto, una condotta illecita tenuta dal lavoratore che viene sanzionata in un procedimento penale, ben può assumere rilievo disciplinare, conferendo la possibilità al datore di lavoro di comminare sanzioni nei limiti posti dalla legge e dal CCNL applicato in azienda.

I rapporti tra le due tipologie di responsabilità sono stati declinati dalla giurisprudenza della Suprema Corte che, in buona sostanza, ha sempre dichiarato che le determinazioni assunte dal datore di lavoro all’esito del procedimento disciplinare non sono necessariamente vincolate da quanto sancito dal Giudice penale, ben potendo questo, sulla base della lesione del vincolo fiduciario, erogare una sanzione disciplinare anche in mancanza di una condanna del lavoratore.

In argomento, basti pensare al caso in cui il lavoratore venga assolto perché “il fatto non costituisce reato”, ma il datore di lavoro decida comunque di procedere ad emettere un provvedimento rilevando profili disciplinarmente rilevanti nella medesima condotta.

Di particolare interesse la sentenza in commento, con cui la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento irrogato al lavoratore per aver questi, negli anni, costruito un vero e proprio sistema illecito per la “copertura” reciproca di ritardi, assenze o ritardati rientri dalle pause pranzo. Il tutto era certamente reso ancor più grave dal fatto che il lavoratore fosse il cancelliere capo di un ufficio giudiziario, con la conseguenza che tale sistema illecito era invalso e utilizzato presso l’ufficio anche da taluni sottoposti, sulla scorta del suo “cattivo esempio” e indirizzo.

La difesa del lavoratore si era basata sull’asserita impossibilità per i Giudici del Lavoro di fondare l’accertamento della sussistenza dei fatti sulla base di quanto emerso in sede penale successivamente al licenziamento stesso, avendo questi provveduto a richiedere la sentenza di applicazione della pena ( cd. patteggiamento) ai sensi dell’art. 444 del Codice di procedura penale. In particolare, ad opinione del lavoratore, tale provvedimento non era da considerarsi idoneo a costituire un “giudicato”, con conseguente mancato accertamento del fatto contestato dal datore di lavoro e, per l’effetto, inapplicabilità della sanzione espulsiva.

Inoltre, richiamando il principio di immutabilità della contestazione, il dipendente aveva eccepito in seno al giudizio di legittimità, l’inattitudine della sentenza a lui sfavorevole ad assurgere a “prova” nel procedimento giudiziale sul licenziamento, essendo stata questa emessa dal Giudice penale successivamente al provvedimento del licenziamento disciplinare.

Investita delle questioni sollevate dal dipendente, la Suprema Corte, richiamato il consolidato orientamento formatosi sul punto, ha anzitutto evidenziato come anche i provvedimenti emessi ai sensi del richiamato art. 444 del Codice di procedura penale abbiano efficacia di giudicato in sede di giudizio lavoro quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. E non può ravvisarsi, secondo i giudici di Cassazione, “alcuna preclusione alla valorizzazione del giudicato in sede giudiziale, per la circostanza che la sentenza penale sia successiva all’irrogazione della sanzione disciplinare”, posto che il principio di immutabilità della contestazione va ritenuto delimitato ai fatti posti a base della stessa e non certo ai mezzi di prova di cui il datore di lavoro può avvalersi in giudizio, i quali possono ben estendersi a fatti successivi confermativi ed accertativi dell’accaduto.

 

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