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Analisi dei nuovi scenari
Niccolò de Arcayne, Responsabile Relazioni Istituzionali e Internazionali
Sono passati pochi giorni dal 26 maggio, giorno in cui si sono svolte le Elezioni Europee 2019, finalizzate al rinnovo della composizione del Parlamento Europeo.
Le elezioni di quest’anno, hanno sancito incontrovertibilmente il primato della Lega, che avendo conquistato il 34,3% dei consensi, sostanziabili in oltre due milioni di preferenze ricevute, si conferma il primo partito d’Italia, protagonista assoluto della nuova fase politica che ha investito il nostro paese.
Basta una breve ma concreta analisi comparativa tra la situazione politica di marzo 2018 e quella odierna, per comprendere come, a livello nazionale, gli originari rapporti di forza in seno al Governo, siano radicalmente mutati. A farne le spese è il Movimento 5 Stelle, che ottenendo il 17,1% dei consensi, oltre ad assistere al proprio crollo in termini di voti, è stato inesorabilmente sorpassato dal Partito Democratico, che invece, ottenendo il 22,7% delle preferenze, assume ufficiosamente il ruolo di seconda forza politica del paese, anche in termini di rappresentanza in Europa.
Forza Italia, pur non avendo raggiunto la fatidica soglia - fortemente attesa - del 10%, si attesta all’8,8%, riuscendo così a far ri-eleggere alcune delle proprie figure chiave all’interno del Parlamento Europeo, primo su tutti lo stesso Presidente uscente, Antonio Tajani. Ad ogni modo, quella di Forza Italia può essere tranquillamente definita una debacle, considerata la perdita, rispetto al 2014, di oltre 2.220.000 voti.
Fratelli d’Italia, contro ogni previsione, registra un risultato sorprendente, avvicinandosi per la prima volta in termini percentuali, con il proprio 6,4%, al partito di Berlusconi.
Un discorso a parte va fatto per +Europa e Verdi che, non avendo superato la soglia di sbarramento, restano fuori dal Parlamento Europeo.
In Italia, l’affluenza ai seggi è stata del 56,1%, riscontrando quindi una flessione del 2,6% rispetto alle ultime Elezioni Europee del 2014.
Per la prima volta nella storia dell’Unione Europea e del Parlamento europeo, la maggioranza dei nostri eurodeputati non confluirà all’interno dei due gruppi politici di maggioranza, ovvero il Partito Popolare Europeo (PPE) e il Partito Socialista Europeo (PSE), considerando che soltanto i 29 neo-eletti leghisti, faranno parte del gruppo Europa delle Nazioni e delle Libertà (ENF), che racchiude al suo interno tutti i principali partiti europei di destra radicale.
La Lega in Italia e in Europa
Alla luce dei risultati raggiunti nel corso delle recenti Elezioni Europee, è quindi possibile definire quello della Lega come un vero e proprio exploit. Infatti, il partito del Carroccio, rispetto alle ultime Elezioni Europee del 2014, assiste ad un aumento del proprio consenso pari a 27,9 punti percentuali, traducibile in oltre 7.450.000 voti in più. Tale risultato è fortemente riconducibile all’opera di ampliamento del bacino elettorale del partito verso il centro-sud Italia e le isole, avvenuto per mezzo di un’opera di nazionalizzazione dei suoi obiettivi politici, in totale contrasto con alcuni dei suoi elementi fortemente regionalisti che lo rendevano un unicum all’interno dello scenario politico nazionale.
Giorgia Meloni sbarca al Parlamento Europeo
La seconda sorpresa di queste Elezioni Europee è rappresentata dall’ascesa di Fratelli d’Italia, il partito di destra nazionale guidato da Giorgia Meloni, da sempre sostenitore delle diverse posizioni riconducibili alla corrente dell’euroscetticismo.
Rispetto al risultato raggiunto nel 2014, dove per poche decine di migliaia di voti il partito non riuscì a raggiungere la soglia di sbarramento del 4%, il risultato conseguito pochi giorni fa, oltre ad aprire definitivamente le porte del nuovo Parlamento Europeo a Fratelli d’Italia, segna una crescita importante del partito Giorgia Meloni, che con il 6,4% di preferenze su tutto il territorio nazionale, si appresta ad eleggere 7 rappresentanti a Bruxelles e a Strasburgo.
Un breve sguardo all’Italia: le elezioni regionali in Piemonte
Sempre nella giornata di domenica, in Piemonte si sono svolte le Elezioni per il rinnovo della Giunta Regionale.
Dopo cinque anni, l’amministrazione regionale guidata da Sergio Chiamparino, primo esponente della coalizione di centro-sinistra piemontese, passa la mano al proprio rivale Alberto Cirio, leader di quell’opposizione di centro-destra che, nel corso degli ultimi cinque anni, ha combattuto quotidianamente contro la gestione regionale a trazione Partito Democratico e contro l’avvento del Movimento Cinque Stelle all’interno dell’amministrazione comunale della città di Torino.
In termini numerici, la coalizione di centro-destra, per poco non ha raggiunto il 50% dei consensi, superando ad una velocità percentuale di quasi 15 punti la coalizione trainata dal PD.
Anche in Piemonte, si assiste ad un netto calo del Movimento 5 Stelle, che non riesce a superare il 13,6% dei consensi.
Alla luce di questi risultati, la composizione del consiglio regionale piemontese, per quel che riguarda il centro-destra, occuperà ben 22 posti nell’aula consiglio di Palazzo Lascaris, secondo la seguente suddivisione:
• 17 esponenti della Lega;
• 3 esponenti di Forza Italia;
• 2 esponenti di Fratelli d’Italia.
I rimanenti 17 seggi, verranno ripartiti tra il centro-sinistra e il Movimento Cinque Stelle, come segue:
• 9 esponenti del PD;
• 1 esponente per Chiamparino per il Piemonte del Sì;
• 1 esponente per Liberi Uguali Verdi;
• 1 esponente per Moderati per Chiamparino;
• 5 esponenti per il Movimento Cinque Stelle.
Per concludere, risulta utile precisare come in occasione di quest’ultima tornata elettorale a livello regionale, alle urne si sia recato il 63,3% degli aventi diritto, con una diminuzione di oltre 3 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2015.
Con la vittoria del centro-destra in Piemonte, le regioni controllate dalla coalizione a trazione leghista, sono 10, e questo sembra solo l’inizio dell’avanzata leghista su tutto il territorio nazionale.