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Notizie dalla Liguria

Il Tar di Sicilia accoglie il ricorso dell'Aiop

C'era un errore di calcolo e la riduzione incideva solo sui privati. Secondo il Vice Presidente nazionale Aiop e Presidente Aiop Sicilia, Barbara Cittadini: "Registro, non senza soddisfazione, la sentenza del Tar. Mi auguro che possa costituire presupposto e nuova base per la programmazione della rete ospedaliera regionale. Affinché questa possa, finalmente, essere impostata su una reale e virtuosa collaborazione tra amministrazione e operatori del settore ed abbia come unico obiettivo quello di garantire ai siciliani un sistema sanitario efficiente e di qualità".

La cardiochirurgia italiana rischia il collasso

La cardiochirurgia Italiana negli ultimi dieci anni ha modificato il suo aspetto in funzione di quella che è stata l’evoluzione della popolazione e del trattamento medico ed interventistico. La terapia medica e lo stile di vita dei pazienti sono sicuramente migliorati e l’impiego di procedure trancutane e èaumentato in modo considerevole. Si è passati infatti, da un numero di angioplastiche coronariche di 87.622 nel 2003 a 14.1712 nel 2013. Nella pratica cardiologica sono entrati nuovi mezzi di trattamento non presenti 10 anni fa,come ad esempio l’impianto di valvola aortica per via percutanea, e nel solo2013 sono stati trattati con questa metodica 1.743 pazienti.
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Notizie Aiop Nazionale

Decreto Trasparenza – Quando è ammesso il “cumulo di impieghi”?
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Decreto Trasparenza – Quando è ammesso il “cumulo di impieghi”?

Il D. Lgs. 104/22 (c.d. Decreto Trasparenza), attuativo della direttiva europea sulla trasparenza 2019/1152, in vigore dal 13 agosto 2022 e volto a ridurre le asimmetrie informative tra lavoratore e datore di lavoro, ha operato alcuni interventi sostanziali destinati ad impattare sull’attuale contesto. Tra questi, l’art. 8 della novella, rubricato “cumulo di impieghi”.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale

Il D. Lgs. 104/22 (c.d. Decreto Trasparenza), attuativo della direttiva europea sulla trasparenza 2019/1152, in vigore dal 13 agosto 2022 e volto a ridurre le asimmetrie informative tra lavoratore e datore di lavoro, ha operato alcuni interventi sostanziali destinati ad impattare sull’attuale contesto. Tra questi, l’art. 8 della novella, rubricato “cumulo di impieghi”, e cioè la c.d. “clausola di esclusiva” con la quale il datore di lavoro vieta al dipendente di svolgere una diversa attività professionale. Il decreto, infatti, per la prima volta prescrive il divieto per il datore di lavoro (privato) di impedire al lavoratore di svolgere un’altra attività al di fuori dell’orario di lavoro concordato né di riservagli, per tale ragione, un trattamento sfavorevole. Si tratta di una prima norma in materia, che di fatto ha recepito quelli che sono stati gli orientamenti della giurisprudenza consolidata nel tempo la quale ha più volte ritenuto illegittime quelle clausole generiche che limitano la possibilità per il lavoratore subordinato di prestare, per conto proprio o di terzi, attività di qualsiasi natura durante il rapporto. Tale diritto del lavoratore al cumulo di impieghi, in base al disposto in commento, trova tuttavia un limite inderogabile e un limite “valutabile”. Ed infatti, la possibilità di svolgere altra attività lavorativa è subordinata al fatto che l’attività non sia in violazione delle disposizioni di cui all’art. 2105 (obbligo di fedeltà); pertanto, indipendentemente che l’attività lavorativa sia svolta al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, se questa è in violazione con quella svolta dal datore di lavoro, non è ammessa. Fermo restando il rispetto dell’art. 2105 c.c., viene poi prevista la possibilità da parte del datore di lavoro di limitare o negare lo svolgimento di altro rapporto di lavoro in presenza di specifiche condizioni previste dalla norma ed ossia ove si ravvisi: a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; b) la necessità di garantire l'integrità del servizio pubblico; c) nel caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c.. Con la circ. 19 del 20 settembre 2022, il Ministero del Lavoro ha chiarito che: - la sussistenza delle condizioni, che sono da intendere come tassative, deve essere fatta dal datore di lavoro in modo oggettivo ovvero sulla base di situazioni concretamente sussistenti e dimostrabili, senza alcuna mera valutazione soggettiva; - con riferimento al concetto di “integrità del servizio pubblico”, si intende “limitata” a quei servizi pubblici gestiti da enti o società cui non si applica la disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in quanto per queste ultime trova applicazione l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001. Infine, il Ministero con riferimento al conflitto d’interesse, richiamando l’orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto che l’ulteriore attività lavorativa, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 c.c., comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro.

La valutazione, positiva o negativa, sarà pertanto a completo carico del datore di lavoro, il quale sarà necessariamente tenuto a verificare se l’ulteriore attività lavorativa che ha intenzione di svolgere il lavoratore violi le suddette limitazioni. Verifica e valutazione che inevitabilmente dovrà essere fatta sulla base di quanto dichiarato dal lavoratore che intende svolgere altra attività lavorativa, il quale sarà chiamato a rispettare una sorta di “obbligo di trasparenza” nei confronti del proprio datore di lavoro.

Esaminando, in particolare, l conflitto di interessi, tale definizione potrebbe essere desumibile dalle direttive Anac (working paper 3 – 17 settembre 2019) che evidenziano sussistente il conflitto quando il nuovo lavoro comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro, di qualunque tipo: di natura finanziaria, economica, etc..

In realtà, la giurisprudenza in tema di dovere di fedeltà risulta già di per sé rigorosa, non dovendosi esso necessariamente tradursi in atti di concorrenza sleale ma, a titolo esemplificativo, “la violazione del dovere di fedeltà a carico del dipendente (che si sostanzia nell’obbligo del lavoratore di astenersi da attività contrarie agli interessi del datore di lavoro) riguarda la concorrenza che il lavoratore potrebbe svolgere non dopo la cessazione del rapporto, nei confronti del precedente datore di lavoro, ma quella che egli abbia svolto illecitamente nel corso del rapporto di lavoro, attraverso lo sfruttamento di conoscenze tecniche e commerciali acquisite per effetto del rapporto stesso” (Corte appello Sassari sez. lav., 10/11/2021, n.186) o ancora “In tema di lavoro subordinato, il dovere di fedeltà imposto dall’art. 2105 c.c. si sostanzia, quindi, nell’obbligo di un leale comportamento del lavoratore nei confronti del datore di lavoro ed a concretizzare la violazione di tale dovere basta che il comportamento sia tale da scuotere e far venire meno la fiducia del datore di lavoro; a tal fine è sufficiente un pregiudizio soltanto potenziale e non anche effettivo. In tali ipotesi, infatti, anche condotte solo idonee astrattamente ad arrecare un pregiudizio al datore di lavoro possono porre in discussione il vincolo fiduciario riposto nel prestatore di lavoro” (Corte appello Milano sez. lav., 02/04/2021, n.429).

Ciò detto, nonostante le disposizioni normative teste’ esaminate, in linea generale, consentano il cumulo di impieghi, il datore, sussistendo determinate condizioni, da comprovare, potrà apporre il suo diniego, restando quindi allo stato ancora applicabile, in caso di infrazioni, la sanzione massima della risoluzione del rapporto nelle ipotesi di cui alle lett. K e L dell’articolo 42 CCNL personale non medico, prevedendo la prima il licenziamento in ipotesi di svolgimento da parte del dipendente di attività non autorizzata, eccezion fatta per i part timers ovvero in caso di svolgimento di attività che configuri incompatibilità ai sensi di legge, essendo obbligo del dipendente informare il datore, il quale, ravvisate ragioni ostative, potrebbe apporre diniego, e la seconda il licenziamento in ipotesi di concorrenza sleale, essendo espressamente previsto dalla norma in commento che, per il cumulo di impieghi, non debba sussistere un conflitto di interesse.

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