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Il ruolo di Aiop nella formazione continua

di Gabriele Pelissero - La formazione, soprattutto quella di rango ECM, si conferma come un'opportunità che può portare gli operatori ad innalzare i livelli qualitativi delle proprie prestazioni e performance complessive delle strutture nelle quali prestano Ia propria attività, oltre che a ridurre drasticamente i rischi connessi con l'opera quotidiana al servizio dei pazienti. L'apporto della formazione continua in medicina resta fondamentale e lo sforzo posto in essere dalla Commissione Nazionale, anche nell'organizzazione dei Forum annuali, tende a fornire a tutti gli attori del sistema (strutture, Provider, organismi istituzionali) gli strumenti più idonei per valorizzarne iI ruolo e l'importanza in un ambito così particolare e delicato.

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Notizie Aiop Nazionale

Mancata diagnosi. Il medico risponde anche al di là della sua specializzazione
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Mancata diagnosi. Il medico risponde anche al di là della sua specializzazione

Cassazione penale - sez. IV, sentenza n. 15178/2018

Annagiulia Caiazza, Ufficio giuridico-sanitario Sede nazionale Aiop

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15178/2018 (allegata), ha riconosciuto la responsabilità penale per negligenza o imprudenza in capo ad un famoso neurologo che, non avendo ricondotto i sintomi della paziente ad un'origine cardiaca, aveva omesso la prescrizione dei relativi ulteriori esami che avrebbero invece potuto rivelare la patologia poi degenerata nel decesso dell'assistita. Secondo i giudici il medico, di fronte alla persistenza dei sintomi, non avrebbe dovuto limitarsi a prescrivere alla paziente gli accertamenti relativi al suo ambito di specializzazione, ma avrebbe dovuto assumere un atteggiamento professionalmente più flessibile tale da poter considerare patologie non del proprio campo.

Nel caso in esame lo specialista, a fronte dei continui svenimenti della paziente, rimanendo nell'ambito della propria specializzazione, si era limitato a prescriverle un "tilt test" ed a fronte dell'esito negativo dello stesso, aveva escluso ogni possibile ulteriore patologia. In seguito al decesso della paziente per problemi cardiaci, il medico aveva negato ogni responsabilità sulla base del fatto che il "tilt test" era stato effettuato in una struttura diversa da quella indicata e che dopo la visita specialistica, l'assistita non aveva più consultato neanche telefonicamente il professionista. La difesa si era inoltre basata sul fatto che il sanitario, nello svolgimento della propria attività, si era attenuto alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

La Corte di Cassazione, confermando i due precedenti giudizi di merito, ha invece affermato la responsabilità del professionista mettendo in rilievo: il particolare affidamento riposto dalla giovane nella diagnosi e nelle indicazioni ricevute dal neurologo; la negligenza dimostrata da quest'ultimo nella trattazione del caso, avendo prescritto un accertamento risultato fuorviante ai fini dell'individuazione dell'esatta causa della patologia; l'omessa, doverosa esplorazione, da parte del sanitario, della possibile origine cardiologica dei preoccupanti svenimenti della paziente; l'errore diagnostico.

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