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Legge Gelli e colpa medica. I margini di applicabilità in ambito penale
La Cassazione reintroduce la colpa lieve (sentenza S.U. n. 29 del 21/12/2017)
Antonella E. Sorgente, Responsabile Relazioni Istituzionali Gruppo Ospedaliero San Donato e consulente Aiop Lombardia
Le Sezioni Unite Penali sono state chiamate ad esprimersi sul seguente punto: "quale sia, in tema di responsabilità colposa dell'esercente la professione sanitaria per morte o lesioni, l'ambito applicativo della previsione di 'non punibilità’ prevista dall'art. 590-sexies c. p., introdotta dalla L. 8 marzo 2017, n. 24”.
Per rispondere a tale quesito, con la sentenza n. 29 del 21 dicembre 2017 (allegata), la Corte enuclea (punto 9.1) i principi fondamentali cui il medico deve attenersi nello svolgimento della propria attività: a) essere accurato e prudente nel seguire la evoluzione del caso sottopostogli; b) essere preparato sulle leges artis; c) essere impeccabile nelle diagnosi (anche differenziali); d) essere aggiornato in relazione non solo alle nuove acquisizioni scientifiche ma anche allo scrutinio di esse da parte delle società e organizzazioni accreditate, dunque alle raccomandazioni ufficializzate con la nuova procedura; e) essere capace di fare scelte ex ante adeguate e di personalizzarle anche in relazione alle evoluzioni del quadro che gli si presentino.
Laddove tale percorso risulti correttamente seguito e, ciononostante, l'evento lesivo o mortale si sia verificato, il residuo dell'atto medico seppur connotato da errore colpevole per imperizia, non sarà punibile, potendosi ritenerlo ancora attestato nel perimetro delle linee guida, in virtù di uno scostamento da esse marginale e di minima entità.
Fatte queste premesse la Cassazione ritiene necessario circoscrivere il grado della colpa che, per la sua limitata entità, si renda compatibile con l’esenzione di responsabilità penale del sanitario: viene così reintrodotta la colpa lieve che viene considerata sottesa alla formulazione del nuovo art. 590-sexies c.p.
La Cassazione chiarisce, inoltre, i criteri soggettivi ed oggettivi per individuare la colpa lieve, richiamando a tal fine la precedente elaborazione giurisprudenziale che nella valutazione della gravità della colpa si è sempre basata sui seguenti parametri (punto 10.2): specifiche condizioni dell’agente e suo grado di specializzazione; problematicità o equivocità della vicenda; particolari difficoltà in cui il medico ha operato; difficoltà obiettiva di cogliere e collegare le informazioni cliniche; grado di atipicità e novità della situazione; impellenza; motivazione della condotta; consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa.
In conclusione il senso ultimo della sentenza può essere espresso come segue (punto 10.3) : “la colpa dell’esercente la professione sanitaria può essere esclusa in base alla verifica dei noti canoni oggettivi e soggettivi della configurabilità del rimprovero ed altresì in ragione della misura del rimprovero stesso. Ma, in quest’ultimo caso – e solo quando configurante ‘colpa lieve’ –, le condizioni richieste sono il dimostrato corretto orientarsi nel campo delle linee guida pertinenti in relazione al caso concreto ed il progredire nella loro fase di attuazione, ritenendo l’ordinamento di non punire gli adempimenti che si rivelino imperfetti”.
In coerenza con tale conclusione, le Sezioni Unite enunciano i principi di diritto in base ai quali l’esercente la professione sanitaria risponderà, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’ esercizio dell’attività medico chirurgica:
a) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da negligenza o imprudenza;
b) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
c) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) se l'evento si è verificato per colpa "grave" da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico.
Sicuramente “la storia infinita della colpa penale degli esercenti la professione sanitaria” non vedrà in questa sentenza il suo capitolo conclusivo ma, senza ombra di dubbio, la Cassazione ha fornito una interpretazione costituzionalmente orientata che, seppur non analogica, va oltre la letteralità del testo.
Una riflessione conclusiva è d’obbligo: quale sarà in futuro il limite tra interpretazione analogica e interpretazione “oltre la letteralità del testo”? Lasciamo ai penalisti questa riflessione.