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Notizie dalla Liguria

La cardiochirurgia italiana rischia il collasso

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La cardiochirurgia italiana rischia il collasso

La cardiochirurgia Italiana negli ultimi dieci anni ha modificato il suo aspetto in funzione di quella che è stata l’evoluzione della popolazione e del trattamento medico ed interventistico. La terapia medica e lo stile di vita dei pazienti sono sicuramente migliorati e l’impiego di procedure trancutane e èaumentato in modo considerevole. Si è passati infatti, da un numero di angioplastiche coronariche di 87.622 nel 2003 a 14.1712 nel 2013. Nella pratica cardiologica sono entrati nuovi mezzi di trattamento non presenti 10 anni fa,come ad esempio l’impianto di valvola aortica per via percutanea, e nel solo2013 sono stati trattati con questa metodica 1.743 pazienti. Gli interventi cardiochirurgici sono quindi diminuiti. Calcoliamo di aver avuto un saldo negativo di circa 6.000 interventi dal 2008 al 2013. Il numero dei centri cardiochirurgici attivi in questa momento è di circa 92 con un fabbisogno calcolato di circa 50.000 interventi. Come conseguenza di quanto è stato sopra descritto è cambiato il profilo dei pazienti che vengono sottoposti ad intervento: sono di più gli anziani con un numero maggiore di comorbidità di tipo medico e con patologie cardiache complesse, gli interventi combinati sono aumentati. In letteratura è dimostrato che le performance di un ospedale sono legate al numero di procedure eseguite ed è altrettanto vero che in un ospedale a volume di lavoro alto l’inapropriatezza è bassa. La bozza di decreto in esame prevede una soglia a 200 interventi/anno per il By-pass Aorto Coronarico ed una mortalità per intervento sia per By-pass Aorto Coronarico che su singola valvola inferiore al 4%. Se si applica questo livello di soglia, emerge chiaramente come solamente 16 ospedali raggiungono il livello richiesto,ospedali che garantiscono attualmente il 27% di tutta l’attività cardiochirurgica italiana. È evidente il drammatico tracollo che subirebbe la cardiochirurgia italiana. Sarebbero quindi esclusi alcuni ospedali prestigiosi per la cardiochirurgia e diversi centri che, pur non raggiungendo il target,hanno una mortalità inferiore alla media nazionale. Razionalizzare attività e risultati rappresentano una evidente necessità, creare dei limiti di questo tipo soprattutto per il solo numero di interventi di By-pass, non corrisponde ad un criterio di ragionevolezza scientifica. Infatti, è il numero totale di procedure che crea esperienza e affidabilità. Pertanto, non ha senso parametrare come soglia minima per l’esistenza di un centro di cardiochirurgia l’effettuazione di almeno 200 interventi di By – pass. Se si vuole adottare un criterio quantitativo, tenuto conto delle caratteristiche del sistema cardiochirurgico italiano, il parametro di riferimento deve essere il numero totale degli interventi in circolazione extracorporea/anno, con un valore che potrebbe oscillare intorno ai 250 casi.



Presidente della SICCH, Società Italiana di Chirurgia Cardiaca
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Notizie Aiop Nazionale

Il dedalo dei bonus frena la ripresa

Editoriale del prof. Leo pubblicato su Il Sole 24 ore il 15 dicembre 2020

Il consulente tributarista della Sede nazionale, professor Maurizio Leo, è intervenuto sul "dedalo" delle agevolazioni fiscali e sulla necessità di darsi come obiettivo la semplificazione del sistema tributario.

Rilevazione personale ai fini dell’approvvigionamento dei vaccini Covid-19

Come anticipato nella circolare n. 265/2020, l’Agenas – Agenzia nazionale per i servizi sanitari – ha contattato la Sede nazionale Aiop per avere un contributo nella rilevazione del personale che opera nelle 533 strutture associate, al fine di potere approvvigionare i vaccini Covid-19, che saranno, verosimilmente, a disposizione nel mese di gennaio 2021.


Covid 19 - Rilevazione p.l. Aiop disponibili

Affinché la nostra Associazione possa avere contezza dell’impegno quotidiano delle strutture associate Aiop nel contrasto al Covid-19 e, ove occorresse, trasferirli con immediatezza alle Istituzioni governative e ministeriali che ne facessero richiesta, avvertiamo l’esigenza di aggiornare i dati - rilevati nella prima fase della pandemia.

Trattamento IVA da applicare alle prestazioni rese da una casa di cura in regime privatistico

Sono stati avanzati, da diverse Vostre associate, dubbi in ordine al trattamento IVA da applicare alle prestazioni rese da una casa di cura, operante in regime privatistico, sulla base di apposita contrattualizzazione con la ASL, avente ad oggetto la messa a disposizione – durante il periodo di emergenza da Covid-19, ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 18 del 2020 – di posti letto e della sala operatoria per l’espletamento di interventi chirurgici da parte dell’equipe medica della ASL. In particolare, ci si è interrogati se le prestazioni rese dalla struttura privata possano essere ricondotte alla previsione di esenzione di cui all’art. 10, comma 1, n. 19), del Decreto IVA.

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