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Notizie dalla Liguria

Un forte bisogno di riforma per salvare l’universalità del Sistema sanitario italiano

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Un forte bisogno di riforma per salvare l’universalità del Sistema sanitario italiano

Anni di tagli al Ssn mettono a rischio, nei fatti, l’universalità nell’accesso alle prestazioni. La nuova legislatura si apre con l’esigenza di un profondo ripensamento sulla sanità, che tuttavia deve riuscire a mantenere per tutto il Paese uno dei diritti più preziosi e fondamentali: il diritto alla salute. Aiop si interroga sulle possibili strade da percorrere e si propone fra i protagonisti della sanità del futuro attraverso il suo Rapporto Ospedali&Salute

Per quasi 40 anni abbiamo ampiamente goduto di un welfare basato sui principi di universalità e solidarietà, un sistema di protezione socio-sanitaria che oggi però risulta indebolito e che richiede scelte e interventi coraggiosi. Che il nostro sistema di welfare ne abbia bisogno lo dimostra la forbice, non più facilmente ricomponibile, tra l’aumento dei bisogni attuali e futuri - dovuto all’invecchiamento della popolazione, alle innovazioni tecnologiche e farmacologiche e alla crescita delle attese dei cittadini - e la necessità di aumentare in maniera consistente e crescente la spesa pubblica relativa. Le conseguenze di ciò sono state misurate intervistando un campione di 2.000 caregiver , mettendo a confronto le esperienze vissute nell’ultimo anno. 

L’accesso ai servizi: cresce l’insoddisfazione
Peggiorano le condizioni di accesso e di utilizzo delle strutture e dei servizi da parte dei pazienti e dei loro familiari: l’insoddisfazione verso il Servizio sanitario della propria regione passa dal 21,3% del 2015 al 32,2% del 2017. Al Sud si raggiunge quota 50,6%. Anche il rapporto con il medico di famiglia vive una stagione poco felice: nell’ultimo triennio si passa dal 27,2% al 32,9% di pazienti insoddisfatti rispetto alle informazioni sulla scelta dell’ospedale ricevute dal proprio medico. Infine, due dati particolarmente allarmanti: il primo è relativo alle lunghe attese e lo dimostra il fatto che dal 24,2% degli intervistati del 2014 siamo passati al 54,1% del 2017 che hanno dovuto attendere troppo per una prestazione ospedaliera. Inoltre, nel 2017 il 26,8% degli intervistati sostiene di aver rimandato e/o rinunciato alle cure, ma il 20% di essi aveva già rimandato o rinunciato nel 2016, mentre il 16,5% lo aveva fatto anche nel 2015. 

Le strategie di reazione dei pazienti e dei loro familiari: comportamenti alternativi
Di fronte ai disagi sin qui registrati, i caregiver e i pazienti hanno intrapreso una strategia articolata di reazione, nel tentativo di arginare il progressivo logoramento delle prestazioni del sistema pubblico. Negli ultimi tre anni si è stabilizzato il dato che vede il 41% dei caregiver intervistati orientarsi verso una struttura ospedaliera privata accreditata, mentre il 20% si rivolge a una clinica privata a pagamento. Nel 2017, il 47% dei caregiver intervistati ha ammesso di aver preso in considerazione la possibilità di ricorrere a strutture ospedaliere presenti in altre regioni rispetto a quella di residenza; mentre nel 2016, solo il 28,2% era di questo orientamento. In ultimo, un dato che su tutti indica quanto i caregiver siano alla ricerca di strade alternative pur di accedere ai servizi ospedalieri, è dimostrato dal ricorso spesso improprio al Pronto soccorso. Nel caso in cui le liste di attesa per le visite specialistiche, per gli accertamenti diagnostici o ancora per i ricoveri risultino troppo lunghe, i caregiver ricorrono a questa alternativa.

La spesa sanitaria e assistenziale out of pocket in crescita costante negli ultimi 10 anni
La strategia di reazione dei caregiver ha dato vita ad altri comportamenti alternativi, tra cui vale la pena sottolineare il ricorso crescente alle spese sanitarie out of pocket. Queste, nell’ultimo decennio, sono cresciute del 22,4%, mentre nello stesso periodo la spesa sanitaria pubblica è lievitata solo del 14,2%. L’accelerazione della spesa sanitaria out of pocket è particolarmente evidente negli ultimi tre anni, proprio in corrispondenza della crescita del razionamento di servizi da parte della sanità pubblica.
Gli italiani decidono di pagare di tasca propria per cercare di evitare liste di attesa troppo lunghe, per garantirsi farmaci non più prescrivibili o anche prescrivibili - ma che richiedono un passaggio dal medico di famiglia - e infine, per avvalersi della consulenza di uno specialista di fiducia. E intanto cresce l’attenzione del mondo del lavoro verso forme più organiche di mutualità integrativa che lasciano intravedere interessanti prospettive sul futuro del Sistema sanitario italiano.

Il Fondo sanitario nazionale è inadeguato anche a causa dei disavanzi degli ospedali pubblici

Nel 2016 la spesa per il Servizio sanitario nazionale ha toccato quota 113,7 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti i 7,6 miliardi di ticket pagati dalle famiglie italiane nel corso dell’anno, che porterebbero a 121,3 miliardi il costo reale del servizio pubblico. Su quest’ultimo continuano però a gravare i costi non in equilibrio di molte Aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche. Questa situazione drena risorse che vanno a coprire il disavanzo, sottraendole all’erogazione delle prestazioni. Si tratta di extraricavi che vengono concessi alle aziende pubbliche in difficoltà gestionali e che possono rappresentare - tra l’altro - delle forme implicite di ripianamento del disavanzo. Per il 2016, gli extraricavi delle Aziende ospedaliere e degli ospedali pubblici a gestione diretta sono stati stimati tra i 3,2 e i 4,1 miliardi di euro, valore che incide dal 6,0% al 7,5% della spesa totale per gli ospedali pubblici. Questa forbice è rappresentativa quindi di quelle risorse che potrebbero essere liberate e utilizzate per finanziare direttamente un incremento del numero e della qualità delle prestazioni erogate ai cittadini dalla rete di aziende pubbliche e private che fanno parte del Ssn.


Un patto per un Neo-Welfare

Fatte queste considerazioni, è del tutto evidente che il nostro sistema di welfare necessiti di un deciso intervento normativo, sostenuto da un’esplicita e forte visione riformatrice. Con un decremento progressivo delle risorse senza soluzioni compensative non potremo che assistere a una corrispondente erosione del sistema, con una contrazione delle prestazioni e una forte sofferenza sociale.
Per mantenere quello straordinario carattere universalistico e solidale che da 40 anni caratterizza il nostro Ssn, è necessario introdurre un “vincolo di responsabilità” che coinvolga tutti i protagonisti: sistema pubblico, sistema assicurativo, sistema delle rappresentanze aziendali e dei lavoratori, singoli cittadini e famiglie e dare vita a un patto per un Neo-Welfare. Tre gli elementi costitutivi necessari: una profonda ristrutturazione e riorganizzazione della macchina sanitaria, con una nuova visione della governance soprattutto della rete di erogatori di diritto pubblico. E questo significa più autonomia e libertà per i manager pubblici, ma anche un vero passo indietro da parte delle Regioni se non si raggiunge un livello di efficacia e di efficienza adeguato. Occorre poi rivalutare le modalità dell’effettiva erogazione delle prestazioni, trasferendo la maggior parte del finanziamento, che arriva alle Regioni e alle Aziende pubbliche e private proprio sull’attività remunerata a prestazione, con tariffe eque e valide per tutti gli operatori del sistema. Sarebbe poi opportuno ripristinare la possibilità per le Regioni di avvalersi in modo compiuto del contributo dell’ospedalità privata accreditata, gravemente compromesso dal blocco introdotto dal Governo Monti. E infine, bisogna rendere reale la libertà di scelta del cittadino di farsi curare dove ha fiducia, senza vincoli e barriere burocratiche.

Nell’incertezza del futuro, la presenza in Italia di una grande rete di erogatori ospedalieri di diritto privato rappresenta un vantaggio rilevante per il Ssn, un’opportunità preziosa per erogare prestazioni con elevati livelli di efficienza e una riserva di operatività nell’eventualità di crisi produttive nel comparto a gestione pubblica - ha affermato Gabriele Pelissero, Presidente nazionale Aiop. - Tutto questo è molto, ma non basta, perché senza l’adozione di politiche sanitarie adeguate, la rete Aiop, integrata dagli altri operatori ospedalieri di diritto privato, non sarà da sola sufficiente a garantire l’universalità delle prestazioni. Un ulteriore importante vantaggio per la sanità italiana, che deriva da questa presenza, è dato dalla indubbia capacità di questa rete di aziende di adattarsi all’evoluzione dei modelli organizzativi, modificando il proprio assetto gestionale e conservando, entro limiti ragionevoli, la capacità di investire sul cambiamento. Questa flessibilità, conseguenza del pluralismo degli erogatori che si è affermata nel nostro Servizio sanitario nazionale rappresenta un valore per tutto il Paese. L’auspicio è che di questo valore siano sempre più consapevoli i governi nazionali e regionali, su cui incombe il dovere di garantire la salute dei cittadini”.

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Notizie Aiop Nazionale


Violazione dell’ordine di reintegrazione e risarcimento del danno

Corte Costituzionale, Sentenza 23 aprile 2018 n. 86

Con la prima sentenza dopo le riforme Fornero e Jobs act, la Corte costituzionale riconosce la natura “risarcitoria” (e non retributiva) all'indennità dovuta al lavoratore che non venga immediatamente reintegrato nel posto di lavoro per ordine del giudice.
Ed invero la Corte affronta il caso di una lavoratrice che aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il datore di lavoro le aveva richiesto la restituzione dell’indennità corrispostale per il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e la data della sentenza che aveva riformato l’ordinanza di annullamento del licenziamento per giusta causa intimatole e di reintegrazione nel posto di lavoro, emessa a conclusione della fase sommaria.

Prestazioni rese da personale medico per conto di struttura non convenzionata

Per quanto riguarda le Case di cura non convenzionate queste non usufruirebbero del regime di esenzione di cui all’art. 10, n. 18 del D.P.R. n. 633/1972. La prassi dell’amministrazione finanziaria, in tema di regime di esenzione, rileva, solo per le ipotesi di diagnosi, cura e riabilitazione, rese ambulatorialmente da medici e paramedici della struttura al paziente non ricoverato, ovvero nel caso in cui sia la struttura a fornire tale servizio nell’ambito di un rapporto contrattuale diretto con il paziente stesso, l'applicazione dell’aliquota ordinaria al 22%.

Trattamento dei dati e ricerca scientifica tra normativa europea e nazionale

Le regole previste dal GDPR e dalla bozza del decreto di adeguamento

Lo scorso 25 aprile la Commissione europea ha presentato una serie di nuove proposte per facilitare l’utilizzo dei dati all’interno della UE: l’obiettivo dichiarato è spingere l’economia dei dati (secondo i progetti della COM 2017-9 del 10 gennaio 2017 - Costruire una economia dei Dati) per la crescita dei mercati, la creazione di nuovi posti di lavoro (in particolare PMI e start-up) e lo sviluppo della tecnologia.

Nella stessa giornata la Commissione ha emanato nell’ambito dei progetti di sanità digitale una nuova Comunicazione: la COM(2018) 233 (Communication on enabling the digital transformation of health and care in the Digital Single Market; empowering citizens and building a healthier society).
I tre punti cardine sono la possibilità dei cittadini di condividere i loro dati oltre le frontiere nazionali, l’uso dei dati per promuovere la ricerca la prevenzione e la medicina personalizzata, lo sviluppo di strumenti digitali per l'empowerment dei cittadini e l'assistenza sanitaria centrata sulla persona.

Tutti i provvedimenti sono basati su una piena e corretta applicazione del nuovo Reg. UE 2016/679 (c.d. GDPR ovvero General Data Protection Regulation) che diventerà pienamente efficace il prossimo 25 maggio.
Ora, questi obiettivi comunitari potrebbero trovare difficoltà ed ostacoli in Italia in ragione di alcune scelte legislative che sembrano scaturire dalla bozza di decreto di adeguamento del GDPR, ancora oggi in discussione.
In particolare sorgono molti dubbi in relazione alle scelte italiane relative all’uso dei dati nell’ambito della ricerca. Non vi è dubbio infatti che il GDPR, pur mantenendo alto il livello di sicurezza dei dati, sembri voler allargare le maglie per favorire l’utilizzo dei dati in tale settore.

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