Cassazione civile, sentenza n.7250 del 23 marzo 2018
Con la sentenza n. 7250 del 23 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha affermato il principio in base al quale l'incompletezza della cartella clinica va ritenuta circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente.
La decisione è intervenuta a conclusione di una vicenda in cui una paziente, inizialmente recatasi presso una struttura ospedaliera per una mal occlusione dentale, era andata incontro ad un peggioramento consistito nella perdita dei denti e nel deterioramento della situazione occlusale, con persistenti dolori e lesioni. A fronte di tale situazione si era quindi reso necessario un intervento chirurgico al fine di spostare il mascellare, al termine del quale la paziente veniva dimessa «con la bocca in contenzione, la faccia tumefatta, l'impossibilità di masticare e un blocco mascellare per 45 giorni».
Decreto del Ministro della salute dell'1 febbraio 2018
Lo scorso 8 marzo è stato pubblicato sulla G.U. n. 56, il decreto del Ministro della salute dell'1 febbraio 2018 di «Modifica dell’articolo 3 del decreto 2 agosto 2002, recante: "Criteri e modalità per la certificazione dell'idoneità degli organi prelevati al trapianto (art. 14, comma 5, legge 1 aprile 1999, n. 91"», che prevede alcune novità in materia di trapianti da donatore affetto da HIV.
L'art. 3 del decreto 2 agosto 2002 prevede, infatti, il divieto di procedere al trapianto da un donatore positivo per HIV, in ragione della necessità di impedire la trasmissibilità di tale virus attraverso trapianto di organo. Tuttavia tale rischio non ricorrerebbe nel caso in cui si tratterebbe di utilizzare gli organi di un donatore HIV positivo in soggetti ugualmente HIV positivi.
Il decreto dell'1 febbraio 2018 autorizza, quindi, i trapianti per queste ipotesi, introducendo una serie di criteri specifici di eleggibilità del donatore positivo HIV.
Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 6047 del 13 marzo 2018
La pronuncia in commento affronta il caso di un lavoratore licenziato per essersi questi, nel periodo di sua assenza dal servizio (4 giorni), a seguito di “presunta” malattia, esibito in pubblico svolgendo attività di concertista unitamente ad altre persone nell’ambito di una serata organizzata per una festa patronale.
L’ex dipendente impugnava la risoluzione irrogata ed il Tribunale, in primo grado, confermava la legittimità del provvedimento. Appellatosi, la Corte d’Appello di Genova riformava la sentenza ed annullava il licenziamento, condannando il datore di lavoro alla reintegra e all’indennità risarcitoria.
Il nostro consulente Maurizio Leo, risponde sistematicamente ai quesiti fiscali delle singole strutture associate. Molte di queste risposte hanno ovviamente una valenza generale e pertanto, abbiamo pensato di pubblicarne alcune.