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Notizie dalla Liguria

Il Presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha avuto un primo incontro al Ministero della Salute

Primo positivo incontro, al Ministero della salute, del Presidente nazionale, Barbara Cittadini, insieme al professor Gabriele Pelissero, nel corso del quale sono stati affrontati alcuni temi di assoluta attualità e priorità per il comparto. Le parti hanno condiviso l'individuazione di un percorso per la soluzione delle problematiche affrontate. Si è, difatti, convenuto che verrà fissata, nei primi giorni di settembre, una riunione operativa per approfondire i temi di maggiore rilievo. Nel corso del confronto il Presidente nazionale ha avuto modo di rappresentare la potenzialità dell'Associazione Italiana Ospedalità Privata, che riunisce, al suo interno, imprenditori con una visione di sistema, che le consente di essere una componente del SSN che garantisce un'offerta sanitaria adeguata ai bisogni reali degli italiani che, nel tempo, sono profondamente mutati.

Il Presidente nazionale promuove il primo incontro tra i Presidenti delle Sedi Aiop non strutturate

Primo incontro operativo previsto a Roma il prossimo 16 luglio 2018

Il Presidente, Barbara Cittadini, come ampiamente rappresentato in occasione dell’Assemblea generale di maggio, nel corso degli incontri e confronti avuti nelle Sedi regionali, ha rilevato le difficoltà e criticità che, quotidianamente, i Presidenti regionali Aiop devono affrontare e gestire nell'esercizio del loro ruolo di rappresentanza.
Temi e problemi, sovente, comuni ma gestiti con risorse e strumenti differenti, in base alla consistenza numerica delle strutture associate e, quindi, all’organizzazione delle Sedi regionali. Incontrano, ovviamente, maggiori difficoltà i Presidenti che operano in regioni con poche strutture associate e che, di conseguenza, non hanno una sede strutturata in termini di risorse umane, che possano dedicarsi alla gestione dell'ordinario e, anche, alla programmazione di iniziative di sviluppo e supporto dell'azione associativa.
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Notizie Aiop Nazionale

SSN, “Sistemi a erogazione mista rispondono meglio a bisogni sanitari dei cittadini”
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SSN, “Sistemi a erogazione mista rispondono meglio a bisogni sanitari dei cittadini”

Riportiamo il testo dell'intervista al Prof. Gabriele Pelissero, vicepresidente di Aiop, sulla Rivista One Health.

Professor Pelissero, come sta la sanità italiana? 

La sanità italiana sta come stanno tutti i grandi sistemi di welfare sanitario europeo. Ovvero risente di elementi di criticità che, oltretutto, potevano essere e sono stati previsti dagli addetti ai lavori: è necessario, dunque, trovare delle soluzioni per affrontare queste criticità, per poter mantenere e proteggere il sistema sanitario universalistico.

Quali sono le politiche da adottare per migliorare performance e servizi al paziente?

Per sopravvivere, il sistema deve perseguire due obiettivi. Da un lato, aumentare il livello di efficienza, cioè migliorare la qualità della spesa. Dall’altro, adeguare la propria capacità di garantire l’efficacia delle proprie attività, cioè dare una buona risposta ai bisogni sanitari dei cittadini. È importante sottolineare che i due aspetti non sono in conflitto fra loro, poiché i sistemi che raggiungono un maggior livello di efficienza tendono a essere anche quelli che hanno maggior qualità. I migliori sistemi – come nel caso di alcuni italiani, a livello regionale – sono quelli che dimostrano di essere contemporaneamente efficaci ed efficienti

Parliamo della dicotomia Pubblico – Privato: su questo rapporto, spesso, si fa confusione anche in maniera strumentale, eppure il sistema dimostra di funzionare. Si veda l’esempio Lombardia, lodato anche recentemente in un rapporto dell’Oms. Cosa ne pensa? 

Una premessa importante: tutti i sistemi di welfare sanitario europeo sono a erogazione mista. Vi convivono erogatori di diritto pubblico e di diritto privato. La cosiddetta “dicotomia fra Pubblico e Privato” in realtà è la norma per un sistema pubblico universalistico, un trend e un comportamento organizzativo diffuso in tutto il continente. La struttura mista comporta due grandi vantaggi: una parziale libertà di scelta del cittadino, elemento fondamentale nella cultura europea, che può esistere solo laddove vi sia una pluralità di offerta. Necessaria conseguenza è che, coesistendo operatori diversi con caratteristiche diverse, diversa natura giuridica ma con lo stesso scopo, il confronto innescherà una competizione virtuosa che porterà tutte le parti al miglioramento.

Abbiamo qualche dato che dimostri l’effettivo peso del Privato nel Servizio Sanitario Nazionale?

La componente privata eroga il 25% delle prestazioni ospedaliere, circa il 40/50% delle prestazioni ambulatoriali, e il 70% delle prestazioni specialistiche. Il dato, come è facile immaginare, cambia a seconda della Regione che prendiamo come riferimento (in alcune, come Campania, Puglia e Lombardia, il Privato ha un peso maggiore): le differenze possono derivare – in parte – dal posizionamento storico dei sistemi sanitari e – in altra parte – dalle scelte dei decisori politici. Il contributo del privato nel sistema a erogazione mista è, ormai, imprescindibile.

Cosa risponde a chi dice che per salvare il Servizio Sanitario Nazionale servirebbe meno privato? 

Chi fa queste affermazioni vive nel mondo dei sogni e nega lo sviluppo e l’evoluzione di 50 anni dei sistemi di welfare sanitari di tutta Europa. Proseguo rispondendo che ognuno è libero di sognare ciò che vuole, ma la realtà è un’altra e non esiste evidenza di alcun tipo che dia un senso a tale affermazione. Al contrario, esistono moltissime evidenze che dimostrano che, laddove i sistemi sono misti, questi funzionano bene, la qualità cresce, la soddisfazione dei pazienti aumenta.

Poi ci sono i dati del Piano Nazionale Esiti, che offrono una fotografia concreta del Servizio Sanitario Nazionale. Che immagine ci restituiscono quest’anno?  

Il Piano Nazionale Esiti mostra i risultati sulla qualità delle cure ospedaliere: si tratta di un dato determinante, ma non l’unico, per comprendere il livello di salute del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Gli studi fatti, e quelli ancora in corso, mostrano che il livello complessivo di qualità è buono. Abbiamo poi da poco pubblicato uno studio sul sistema sanitario della Lombardia nel periodo Covid (quindi, relativo agli anni 2020-2021), nel quale si analizza la qualità delle prestazioni ospedaliere in un momento di grandissimo stress per il sistema sanitario: il risultato, avallato da dati nazionali incontrovertibili, è stato un calo dei volumi delle prestazioni ospedaliere, ma un’ottima qualità complessiva delle cure. Ma vi è di più: confrontando i risultati del pubblico e del privato (in riferimento allo stesso arco temporale), il secondo ha dimostrato una più rapida capacità di ripresa. Ciò che emerge è, comunque, la solidità del nostro sistema sanitario nel suo complesso. È qualcosa di cui rallegrarsi.

Performance positive nonostante i continui tagli degli investimenti al comparto sanitario?

I tagli sono una realtà alla quale assistiamo dal 2010, quindi ci siamo paradossalmente abituati. Il calo degli investimenti misurato sulla percentuale di PIL a essa destinata, è stato progressivo di circa 1/10 di punto all’anno per tutti i 10 anni prima del Covid. Nonostante ciò, non è calata la qualità finale del prodotto di cura, ma ne è risultata influenzata la capacità di erogare i volumi di offerta. In parte questo dato ci rassicura: il sistema considerato complessivamente, sia negli erogatori pubblici che in quelli privati, presenta una risposta interna che tende a tutelare la qualità. L’altro versante, tristemente noto, è quello delle lunghe liste d’attesa.

Si parla di fuga di medici e personale infermieristico all’estero, come trattenerli?

Tutto il mercato del lavoro segue dinamiche economiche e retributive. La sanità non poteva fare eccezione. Il più grande problema è che la risorsa di professionisti qualificati è scarsa. Sono stati commessi errori di programmazione per 20 anni, e da altrettanti anni denunciamo questa situazione, senza che qualcuno ci ascolti. Si tratta di una deriva di lungo termine: se abbiamo un deficit di produzione di figure qualificate, la perdita di alcune di esse si fa sentire maggiormente. Medici e infermieri che partono per l’estero sono sempre esistiti, solo che a differenza di altri Paesi non riusciamo a controbilanciare questa emorragia riuscendo a portare medici e infermieri qualificati in Italia. A ciò, si aggiunge il problema retributivo, che è centrale nella programmazione della spesa pubblica: dobbiamo capire che il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale deve avere fra i suoi primissimi obiettivi retribuzioni adeguate per la sua componente fondamentale, i professionisti. Non è un caso se, quest’anno, la Legge di Stabilità destina gran parte dei 3 miliardi alle retribuzioni della cosiddetta “forza lavoro”. Per far lavorare bene le strutture ospedaliere o i poliambulatori bisogna investire sugli operatori che vi lavorano!

È stata da poco approvata la Manovra. Per la sanità sono stati stanziati quasi 7 miliardi. Secondo Lei, il Governo sta dando la giusta attenzione ai temi della salute?

È naturale chiedere sempre più soldi pubblici, è un approccio molto semplice a ogni problema. Ma la verità è che la risorsa ora disponibile è stata destinata a due obiettivi prioritari e condivisibili: il primo, migliorare i livelli retributivi degli operatori sanitari interni al Servizio Sanitario. Al contempo, però, bisogna anche individuare con il Governo le modalità per garantire tali incrementi anche ai lavoratori, medici e infermieri, del comparto privato che erogano servizi al SSN. Il secondo – è un’ottima scelta e probabilmente l’unica scelta veramente efficace – aumentare le risorse per le attività ambulatoriali e ridurre le liste d’attesa, attraverso le strutture di diritto privato, capaci di rispondere meglio e più rapidamente ai bisogni della popolazione.

 

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