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Notizie dalla Liguria

Si apre il confronto con il nuovo Governo

Il Presidente Cittadini chiede un incontro con il nuovo Ministro della Salute, Giulia Grillo

L'Aiop riunisce al suo interno imprenditori con una visione di sistema inclusiva che declina, rispetto ai mutati bisogni di salute degli italiani, un’offerta adeguata ad una domanda di salute che è profondamente mutata. Ritenendo di avere un ruolo significativo e di essere un soggetto in grado di rispondere alle aspettative dei cittadini e di contribuire, quindi, anche ad una migliore performance del Servizio sanitario nazionale, il Presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha chiesto un incontro con il neo Ministro della Salute, Giulia Grillo, per confrontarsi in merito alla salvaguardia dell’universalismo, elemento prezioso che contribuisce a fare del nostro Ssn uno dei migliori al mondo.

In vigore il nuovo Regolamento attuativo

Nuove regole operative dal 29 maggio 2018

Con delibera del 15 maggio scorso, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha varato il nuovo Regolamento attuativo in materia di rating di legalità, entrato in vigore il 29 maggio 2018, con le finalità di assicurare una maggior efficacia del controllo in sede di rilascio del rating, ma anche di semplificare, snellire e chiarificare le procedure per l'attribuzione, la modifica, il rinnovo, la revoca e l'annullamento della certificazione.


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Notizie Aiop Nazionale

Il rifiuto del part time può giustificare il licenziamento
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Il rifiuto del part time può giustificare il licenziamento

Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 12244 del 9 maggio 2023.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

La pronuncia esaminata affronta il caso di un dipendente, il quale, in un contesto di riorganizzazione aziendale, aveva rifiutato l’offerta di riduzione dell’orario di lavoro, venendo quindi licenziato per soppressione del posto di lavoro.

Nello specifico, a fronte di un esubero del personale di un supermercato ove i soci titolari avevano operato una riorganizzazione aziendale, subentrando essi stessi in alcune attività ordinarie e quotidiane, questi assumevano la determinazione di procedere con la riduzione dell’orario per tre dipendenti, rappresentando l’orario a tempo pieno un costo non sostenibile dal momento che – come visto – proprio i titolari aziendali avevano deciso di prestare personalmente la propria attività all’interno del punto vendita. Tale proposta di riduzione veniva rivolta ai tre lavoratori al fine di preservare comunque il posto di lavoro, in prospettiva di nuovi cambiamenti in futuro (una nuova espansione o semplicemente delle condizioni economiche diverse), dei quali solo due accettavano.

Il terzo, avendo rifiutato, veniva licenziato ed impugnava la risoluzione, sostenendo la natura ritorsiva del licenziamento ovvero che il datore di lavoro avesse proceduto al recesso per ragioni punitive, per essersi rifiutato di raggiungere un accordo sull’orario di lavoro.

Sia in primo che in secondo grado il ricorso veniva rigettato. Il lavoratore impugnava dunque la pronuncia in Cassazione.

Orbene, la Suprema Corte, pur partendo dall’assunto di cui all’art. 8, comma 1, D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 nel quale  è stabilito che “il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento”, ha comunque chiarito che, seppur in presenza di uno stringente onere probatorio a carico del datore di lavoro, non vi è ragione per ritenere illegittimo il medesimo licenziamento se viene dimostrato che sussistano effettive esigenze economiche e organizzative, tali da far venire meno l’esigenza di un dipendete a tempo pieno; che vi sia stata una concreta proposta scritta al dipendente, finalizzata alla salvaguardia del rapporto di lavoro e alla prosecuzione delle stesso, e che della medesima il dipendente abbia ben compreso la portata (in termini di successivo esubero); ed infine che la riduzione dell’orario di lavoro e il licenziamento siano intimamente connesse, dunque persista una situazione di esubero per impossibilità del datore di mantenere determinati livelli di organico.

Alla stregua di quanto sopra, la Corte ha riconosciuto che il datore di lavoro può legittimamente licenziare il dipendente che rifiuta il passaggio al part time dimostrando che tale era l’unica scelta percorribile per la salvaguardia del posto di lavoro e che, diversamente operando, la compagine aziendale non avrebbe avuto più necessità di un dipendente a tempo pieno.
Per tali motivi, la Cassazione ha respinto il ricorso proposto dall’ex dipendente, confermando la legittimità dell’operata risoluzione.

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