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Notizie dalla Liguria

Professioni sanitarie. Firmato il decreto attuativo che istituisce i nuovi albi

Decreto attuativo della legge n. 3 del 2018

È stato firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia. Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Dalla privacy alla cybersecurity, le strutture cercano nuove figure

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana

AAA cercasi ortopedici, anestesisti, geriatri e fisiatri. Ma anche figure nuove per la sanità italiana, in grado di tutelare la privacy e i dati sanitari dei pazienti, o difendere le strutture dai cyberattacchi informatici. La sanità sta cambiando volto, anche quella privata. "Con l'espansione del settore delle cure per gli anziani, negli ospedali e nelle Rsa queste figure tradizionali sono molto richieste. Ma accanto a loro vediamo anche emergere la domanda di professionalità nuove, con competenze trasversali". Parola del direttore generale di Aiop, Filippo Leonardi, che con l'Adnkronos Salute fa il punto sulle professioni più gettonate dalle aziende e dai gruppi del settore nel nostro Paese.
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Notizie Aiop Nazionale

Legittimo il licenziamento se il dipendente non rispetta ordinanza regionale su emergenza epidemiologica
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Legittimo il licenziamento se il dipendente non rispetta ordinanza regionale su emergenza epidemiologica

Tribunale di Roma – Sez. Lavoro – Ordinanza del 21 febbraio 2022

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

 

La pronuncia in commento affronta il caso di una dipendente a tempo parziale di una R.S.A. laziale, da quest’ultima licenziata per non aver ottemperato a quanto disposto dall’Ordinanza della Regione Lazio n.   n. 34 del 18 aprile 2020 che imponeva per il “personale operante nelle strutture territoriali (residenziali e semiresidenziali) sanitarie, sociosanitarie e socio assistenziali” di “svolgere la propria attività lavorativa esclusivamente all’interno di una singola struttura o, qualora la struttura sia dotata di più stabilimenti, esclusivamente all’interno del medesimo stabilimento“, ciò al fine di limitare la diffusione del contagio e la consequenziale insorgenza di cluster che avrebbero investito soggetti quanto mai fragili sia in ragione dell’età anagrafica media che del loro stato di salute.

Nello specifico, si appurava che la dipendente, benché sensibilizzata a tale principio di esclusività dal proprio datore di lavoro, disattendendo le disposizioni regionali nonché aziendali, in piena vigenza dell’ordinanza (18.04.2020/16/06/2021), aveva prestato e continuava a prestare attività fisioterapica ed osteopatica presso un Centro per l’età evolutiva nonchè presso uno Studio fisioterapico.

Impugnava la cennata risoluzione la lavoratrice, assumendo, da un lato, di non aver posto con la propria condotta in pericolo la salute dei pazienti della R.S.A., non avendo essa mai contratto il Covid-19 e, dall’altro, fornendo una diversa interpretazione della norma regionale, secondo cui questa avrebbe solo vietato di non prestare attività in “analoga struttura”, quindi consentendo prestazioni in centri ed ambulatori, diversi dalle R.S.A.

Il Tribunale, accogliendo in toto le motivazioni aziendali, specificava innanzitutto come il dato testuale della norma (ed ossia che il personale operante nelle RSA, come quella gestita dalla società resistente, avesse l'obbligo di svolgere la propria attività lavorativa "esclusivamente all'interno di una singola struttura") fosse “di per sé non ambiguo e non necessitante di interpretazione”.  Riteneva quindi “irrilevanti tutte le deduzioni inerenti ai controlli cui il personale sanitario è normalmente sottoposto (test e tamponi covid), al percorso vaccinale seguito ed anche al mancato contagio dal virus, poiché
l'addebito disciplinare è quello di avvenuta violazione di una disposizione regionale, recepita e diffusa dal datore di lavoro
”.

Così come sanciva l’assoluta irrilevanza che i rapporti con il Centro e lo Studio non fossero di natura subordinata, “essendo la norma regionale intesa ad assicurare l'esclusività dell'attività sanitaria all'interno di un'unica struttura, a prescindere dalla sua natura subordinata o autonoma. Sicché, già l'ammissione di avere intrattenuto dal dicembre 2020, in piena vigenza della ordinanza Regione Lazio n. 34 del 18/4/2020, una collaborazione autonoma con il Centro per l'età evolutiva […] integra la violazione contestata dal datore di lavoro”.

Il Giudice di prima fase, dunque, riteneva “fondato l'addebito di negligenza, per avvenuta violazione di una normativa regionale, recepita a livello aziendale, a nulla rilevando che il rischio di contagio dei pazienti o del restante personale, o il rischio di sanzioni da parte degli organi ispettivi non si siano verificati. Sicché, i fatti addebitati, nella misura in cui accertati, si pongono come una grave violazione dei doveri imposti ai dipendenti e sono idonei ad integrare la giusta causa di licenziamento”. Rigettava quindi il ricorso, con condanna di parte soccombente alle spese di lite.

Qui l'Ordinanza.

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