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Nel licenziamento per giusta causa il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito può essere inteso in senso relativo
Cass. Sez. Lavoro Sentenza n. 25291 del 25 agosto 2022
La pronuncia in commento affronta una questione fortemente dibattuta in giurisprudenza ed ossia quella della tempestività della contestazione, garanzia che consente al dipendente incolpato di espletare in modo pieno la propria difesa nell'ambito del procedimento disciplinare.
Ed infatti, secondo un principio generale, in tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore.
Tuttavia, così come enunciato nella sentenza in oggetto, detto requisito va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso.
In particolare, nel caso affrontato dalla Corte, ed ossia un licenziamento ritenuto dal giudice di primo grado tardivo per essere la contestazione stata mossa nel dicembre 2011, sebbene relativa a fatti risalenti all’anno 2010, i Giudici di legittimità, confermando la sentenza della Corte di Appello, che aveva ribaltato la precedente decisione, hanno confermato l’immediatezza della contestazione, in considerazione della “pluralità e .. complessità degli addebiti mossi” e della condotta articolata posta in essere dal dipendente che “non poteva emergere ictu oculi con il semplice esame documentale, richiedendo invece uno studio incrociato dei dati, la cui corretta lettura è stata resa agevole anche dalle dichiarazioni rese da alcuni dipendenti durante l’internal audit che si è reso necessario svolgere”.
Né va taciuto l’oggettivo affidamento che di regola il datore di lavoro ripone nella correttezza del dipendente specie se, come nel caso in esame, trattasi di un dirigente. D’altronde, come del resto già affermato dalla Corte di Cassazione “… il trascorrere di un periodo di tempo, tra l’esecuzione delle prestazioni ed il momento della loro verifica, rientra nella fisiologia dell’attività di controllo, ancor più in un’organizzazione aziendale complessa, …, dovendosi tener conto delle caratteristiche dell’infrazione e della necessità di un margine temporale per il suo accertamento; onde la tardività della contestazione andrebbe apprezzata in relazione all’avvenuta piena conoscenza dell’infrazione”.
La pronuncia oggi esaminata ha dunque concluso per la tempestività della risoluzione, sancendo che nel licenziamento per giusta causa il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito può essere in concreto compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, “se l’accertamento e la valutazione dei fatti siano molto laboriosi e richiedano uno spazio temporale maggiore, e non potendo, nel caso in cui il licenziamento sia motivato dall’abuso di uno strumento di lavoro, ritorcersi a danno del datore di lavoro l’affidamento riposto nella correttezza del dipendente, o equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente. Occorre evidenziare, in merito, che i requisiti della immediatezza e tempestività condizionanti la validità del licenziamento per giusta causa sono compatibili con un intervallo temporaneo, quando il comportamento del lavoratore consti di una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione globale ed unitaria da parte del datore di lavoro (così Cass. civ., sez. lav., 16.7.2020, n. 15229)”.
In allegato l'ordinanza della Cassazione