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Notizie dalla Liguria

Storica apertura di Confindustria alla filiera della salute

Presentato il Rapporto annuale sulla filiera della salute

La “white economy” è ormai un potente driver dell’economia italiana che contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone, pari a circa il 10% dell’occupazione complessiva. Una filiera pubblica e privata, quella della salute, che produce qualità della vita portando l’Italia ai primi posti nel mondo per numero di anni vissuti senza malattie o infortuni. Che contribuisce alla ricchezza nazionale. E che ha il vantaggio di essere anticiclica, come dimostrano gli aumenti a due cifre messi a segno in questi anni di crisi su export, fatturato e valore aggiunto. É questa la fotografia che emerge dal Rapporto di Confindustria sulla filiera della salute, presentato mercoledì mattina a Roma, e realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa, tra cui Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme.

Via Irpef nelle Regioni risanate e Titolo V da modificare

«Le Regioni uscite dal Piano di rientro e che hanno raggiunto il pareggio di bilancio, non hanno più nessuna ragione di mantenere una super aliquota Irpef che era stata pensata per coprire il deficit nella sanità e che pesa tantissimo sui cittadini».
Questa è la posizione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenuta alla trasmissione radiofonica Radio anch' io su Radio Rai 1.
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Notizie Aiop Nazionale

Contratto di spedalità e responsabilità della struttura sanitaria
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Contratto di spedalità e responsabilità della struttura sanitaria

Cassazione civile - sez.III, sentenza n. 2060 del 29 gennaio 2018

Giuseppe De Marco, Rappresentante in Aiop di Villa Giuseppina 

Come noto, l’art. 7 della l. n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli – Bianco) prevede che la struttura sanitaria, pubblica o privata, la quale, nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria anche se scelti dal paziente e non dipendenti della struttura medesima, risponda delle loro condotte colpose o dolose ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., ossia per inadempimento di un’obbligazione ed in forza della responsabilità per fatto doloso o colposo di un terzo ausiliare.
La responsabilità della casa di cura, come altrettanto conosciuto, si fonda su un contratto atipico a prestazioni corrispettive, definito ‘di spedalità’ ovvero ‘di assistenza sanitaria’.
Nel caso in argomento - ed in somma sintesi - la Suprema Corte, con la sentenza n. 2060 del 29 gennaio scorso (allegata), ha condannato al risarcimento una struttura sanitaria nella quale dei sanitari di fiducia di una degente, il giorno prima dello svolgimento di un’operazione di inserimento di una protesi all’anca, le avevano effettuato un prelievo del sangue per una eventuale autotrasfusione in sede operatoria.
Purtroppo, dopo l’intervento, le condizioni della donna si erano aggravate e, a seguito di un prelievo del sangue fatto in ospedale ove ella era stata successivamente ricoverata, la stessa risultava positiva al test HIV, presumibilmente già presente – ad uno stadio iniziale e silente – prima dell’operazione. La signora decedeva quattro mesi dopo l’intervento.
La Corte di Appello accoglieva il ricorso incidentale della clinica, rigettando la domanda risarcitoria dispiegata nei suoi riguardi da parte dei parenti della vittima, perché il personale della casa di cura non aveva partecipato alla scelta di eseguire il prelievo per autotrasfusione, scelta operata esclusivamente dai medici di fiducia della degente.
Al contrario, la S.C. nell’intestata pronuncia ha accolto il motivo di ricorso presentato dai famigliari della donna, inserendosi nel solco di una consolidata giurisprudenza.
La Corte ha in sostanza affermato che la responsabilità di una struttura sanitaria non può essere parificata a quella di una struttura meramente alberghiera ove il suo gestore risponde solamente della pulizia e dell’ordine dei servizi offerti e non deve preoccuparsi - pur nel rispetto delle leggi e dei regolamenti - di quanto avviene all’interno delle camere.
Detta responsabilità ha natura contrattuale (in forza dei su accennati contratti di spedalità o di assistenza sanitaria) ‘diretta’ ex art. 1218 c.c. – in relazione ai propri fatti d’inadempimento – e lato sensu ‘indiretta’ ex art. 1228 c.c., perché derivante dall’inadempimento della prestazione medico – professionale svolta direttamente dal sanitario, quale ausiliario necessario all’ente, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un ‘collegamento’ tra la prestazione da costui effettuata e la organizzazione aziendale della struttura, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche ‘di fiducia’ dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto (Così, Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 577; tra le tante, di recente, Cass. n. 16488 del 2017; Cass. n. 21090 del 2015; Cass. n. 1620 del 2012; Cass. n. 20547 del 2009; Cass. n. 8826 del 2007)”.
E’ da osservare come la Suprema Corte non abbia accolto le ragioni difensive della casa di cura, la quale lamentava, addirittura, di non essere stata neppure portata a conoscenza dell’intenzione dei medici di fiducia della degente di sottoporla ad autotrasfusione.
Ad avviso dello scrivente, il rigetto delle suindicate ragioni difensive conduce in modo inevitabile ad un allargamento del perimetro della responsabilità delle cliniche per fatto di terzi, tale da dover indurre i vertici societari delle medesime ad essere particolarmente attenti alla sorveglianza di ogni attività svolta all’interno delle strutture e ad attuare un’opera di prevenzione dei rischi sempre più stringente ed articolata.

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