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Un'opportunità da non perdere

Il DL semplificazione prevede che, entro il 30 aprile p.v., le aziende farmaceutiche versino 2.378 milioni di euro, in termini di ripiano della spesa farmaceutica del SSN per gli anni 2013-2017.
Dopo il 31 maggio queste risorse potranno essere ripartite alle Regioni e alle Provincie autonome, con decreto del Ministro dell’Economia, sentita l’AIFA e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
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Notizie Aiop Nazionale

SSN, “Sistemi a erogazione mista rispondono meglio a bisogni sanitari dei cittadini”
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SSN, “Sistemi a erogazione mista rispondono meglio a bisogni sanitari dei cittadini”

Riportiamo il testo dell'intervista al Prof. Gabriele Pelissero, vicepresidente di Aiop, sulla Rivista One Health.

Professor Pelissero, come sta la sanità italiana? 

La sanità italiana sta come stanno tutti i grandi sistemi di welfare sanitario europeo. Ovvero risente di elementi di criticità che, oltretutto, potevano essere e sono stati previsti dagli addetti ai lavori: è necessario, dunque, trovare delle soluzioni per affrontare queste criticità, per poter mantenere e proteggere il sistema sanitario universalistico.

Quali sono le politiche da adottare per migliorare performance e servizi al paziente?

Per sopravvivere, il sistema deve perseguire due obiettivi. Da un lato, aumentare il livello di efficienza, cioè migliorare la qualità della spesa. Dall’altro, adeguare la propria capacità di garantire l’efficacia delle proprie attività, cioè dare una buona risposta ai bisogni sanitari dei cittadini. È importante sottolineare che i due aspetti non sono in conflitto fra loro, poiché i sistemi che raggiungono un maggior livello di efficienza tendono a essere anche quelli che hanno maggior qualità. I migliori sistemi – come nel caso di alcuni italiani, a livello regionale – sono quelli che dimostrano di essere contemporaneamente efficaci ed efficienti

Parliamo della dicotomia Pubblico – Privato: su questo rapporto, spesso, si fa confusione anche in maniera strumentale, eppure il sistema dimostra di funzionare. Si veda l’esempio Lombardia, lodato anche recentemente in un rapporto dell’Oms. Cosa ne pensa? 

Una premessa importante: tutti i sistemi di welfare sanitario europeo sono a erogazione mista. Vi convivono erogatori di diritto pubblico e di diritto privato. La cosiddetta “dicotomia fra Pubblico e Privato” in realtà è la norma per un sistema pubblico universalistico, un trend e un comportamento organizzativo diffuso in tutto il continente. La struttura mista comporta due grandi vantaggi: una parziale libertà di scelta del cittadino, elemento fondamentale nella cultura europea, che può esistere solo laddove vi sia una pluralità di offerta. Necessaria conseguenza è che, coesistendo operatori diversi con caratteristiche diverse, diversa natura giuridica ma con lo stesso scopo, il confronto innescherà una competizione virtuosa che porterà tutte le parti al miglioramento.

Abbiamo qualche dato che dimostri l’effettivo peso del Privato nel Servizio Sanitario Nazionale?

La componente privata eroga il 25% delle prestazioni ospedaliere, circa il 40/50% delle prestazioni ambulatoriali, e il 70% delle prestazioni specialistiche. Il dato, come è facile immaginare, cambia a seconda della Regione che prendiamo come riferimento (in alcune, come Campania, Puglia e Lombardia, il Privato ha un peso maggiore): le differenze possono derivare – in parte – dal posizionamento storico dei sistemi sanitari e – in altra parte – dalle scelte dei decisori politici. Il contributo del privato nel sistema a erogazione mista è, ormai, imprescindibile.

Cosa risponde a chi dice che per salvare il Servizio Sanitario Nazionale servirebbe meno privato? 

Chi fa queste affermazioni vive nel mondo dei sogni e nega lo sviluppo e l’evoluzione di 50 anni dei sistemi di welfare sanitari di tutta Europa. Proseguo rispondendo che ognuno è libero di sognare ciò che vuole, ma la realtà è un’altra e non esiste evidenza di alcun tipo che dia un senso a tale affermazione. Al contrario, esistono moltissime evidenze che dimostrano che, laddove i sistemi sono misti, questi funzionano bene, la qualità cresce, la soddisfazione dei pazienti aumenta.

Poi ci sono i dati del Piano Nazionale Esiti, che offrono una fotografia concreta del Servizio Sanitario Nazionale. Che immagine ci restituiscono quest’anno?  

Il Piano Nazionale Esiti mostra i risultati sulla qualità delle cure ospedaliere: si tratta di un dato determinante, ma non l’unico, per comprendere il livello di salute del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Gli studi fatti, e quelli ancora in corso, mostrano che il livello complessivo di qualità è buono. Abbiamo poi da poco pubblicato uno studio sul sistema sanitario della Lombardia nel periodo Covid (quindi, relativo agli anni 2020-2021), nel quale si analizza la qualità delle prestazioni ospedaliere in un momento di grandissimo stress per il sistema sanitario: il risultato, avallato da dati nazionali incontrovertibili, è stato un calo dei volumi delle prestazioni ospedaliere, ma un’ottima qualità complessiva delle cure. Ma vi è di più: confrontando i risultati del pubblico e del privato (in riferimento allo stesso arco temporale), il secondo ha dimostrato una più rapida capacità di ripresa. Ciò che emerge è, comunque, la solidità del nostro sistema sanitario nel suo complesso. È qualcosa di cui rallegrarsi.

Performance positive nonostante i continui tagli degli investimenti al comparto sanitario?

I tagli sono una realtà alla quale assistiamo dal 2010, quindi ci siamo paradossalmente abituati. Il calo degli investimenti misurato sulla percentuale di PIL a essa destinata, è stato progressivo di circa 1/10 di punto all’anno per tutti i 10 anni prima del Covid. Nonostante ciò, non è calata la qualità finale del prodotto di cura, ma ne è risultata influenzata la capacità di erogare i volumi di offerta. In parte questo dato ci rassicura: il sistema considerato complessivamente, sia negli erogatori pubblici che in quelli privati, presenta una risposta interna che tende a tutelare la qualità. L’altro versante, tristemente noto, è quello delle lunghe liste d’attesa.

Si parla di fuga di medici e personale infermieristico all’estero, come trattenerli?

Tutto il mercato del lavoro segue dinamiche economiche e retributive. La sanità non poteva fare eccezione. Il più grande problema è che la risorsa di professionisti qualificati è scarsa. Sono stati commessi errori di programmazione per 20 anni, e da altrettanti anni denunciamo questa situazione, senza che qualcuno ci ascolti. Si tratta di una deriva di lungo termine: se abbiamo un deficit di produzione di figure qualificate, la perdita di alcune di esse si fa sentire maggiormente. Medici e infermieri che partono per l’estero sono sempre esistiti, solo che a differenza di altri Paesi non riusciamo a controbilanciare questa emorragia riuscendo a portare medici e infermieri qualificati in Italia. A ciò, si aggiunge il problema retributivo, che è centrale nella programmazione della spesa pubblica: dobbiamo capire che il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale deve avere fra i suoi primissimi obiettivi retribuzioni adeguate per la sua componente fondamentale, i professionisti. Non è un caso se, quest’anno, la Legge di Stabilità destina gran parte dei 3 miliardi alle retribuzioni della cosiddetta “forza lavoro”. Per far lavorare bene le strutture ospedaliere o i poliambulatori bisogna investire sugli operatori che vi lavorano!

È stata da poco approvata la Manovra. Per la sanità sono stati stanziati quasi 7 miliardi. Secondo Lei, il Governo sta dando la giusta attenzione ai temi della salute?

È naturale chiedere sempre più soldi pubblici, è un approccio molto semplice a ogni problema. Ma la verità è che la risorsa ora disponibile è stata destinata a due obiettivi prioritari e condivisibili: il primo, migliorare i livelli retributivi degli operatori sanitari interni al Servizio Sanitario. Al contempo, però, bisogna anche individuare con il Governo le modalità per garantire tali incrementi anche ai lavoratori, medici e infermieri, del comparto privato che erogano servizi al SSN. Il secondo – è un’ottima scelta e probabilmente l’unica scelta veramente efficace – aumentare le risorse per le attività ambulatoriali e ridurre le liste d’attesa, attraverso le strutture di diritto privato, capaci di rispondere meglio e più rapidamente ai bisogni della popolazione.

 

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