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Notizie dalla Liguria

Storica apertura di Confindustria alla filiera della salute

Presentato il Rapporto annuale sulla filiera della salute

La “white economy” è ormai un potente driver dell’economia italiana che contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone, pari a circa il 10% dell’occupazione complessiva. Una filiera pubblica e privata, quella della salute, che produce qualità della vita portando l’Italia ai primi posti nel mondo per numero di anni vissuti senza malattie o infortuni. Che contribuisce alla ricchezza nazionale. E che ha il vantaggio di essere anticiclica, come dimostrano gli aumenti a due cifre messi a segno in questi anni di crisi su export, fatturato e valore aggiunto. É questa la fotografia che emerge dal Rapporto di Confindustria sulla filiera della salute, presentato mercoledì mattina a Roma, e realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa, tra cui Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme.

Via Irpef nelle Regioni risanate e Titolo V da modificare

«Le Regioni uscite dal Piano di rientro e che hanno raggiunto il pareggio di bilancio, non hanno più nessuna ragione di mantenere una super aliquota Irpef che era stata pensata per coprire il deficit nella sanità e che pesa tantissimo sui cittadini».
Questa è la posizione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenuta alla trasmissione radiofonica Radio anch' io su Radio Rai 1.
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Notizie Aiop Nazionale

Il lavoratore che commette più volte lo stesso errore nello svolgimento della propria attività può essere legittimamente licenziato
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Il lavoratore che commette più volte lo stesso errore nello svolgimento della propria attività può essere legittimamente licenziato

Corte di Cassazione sentenza n. 15410 del 30 maggio 2023

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale

Con la recente pronuncia del 30 maggio 2023, i giudici di legittimità hanno stabilito che è possibile licenziare per giusta causa il dipendente al quale è stata contestata la reiterata erroneità delle operazioni, se previsto dal CCNL applicato, in quanto la prosecuzione del rapporto, senza garanzie di diligenza nelle prestazioni, finirebbe per danneggiare il datore di lavoro.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un lavoratore era stato trasferito al reparto macelleria degli animali, dopo aver lavorato, inizialmente come scaricatore di casse e poi come mulettista-carrellista; attività questa che non poteva più svolgere per motivi di salute, venendo dichiarato parzialmente idoneo con limitazioni.

Durante lo svolgimento delle nuove mansioni nel reparto macelleria, il dipendente aveva commesso per tre volte lo stesso errore in sei mesi. Il datore di lavoro applicava le sanzioni disciplinari previste dal CCNL fino al licenziamento per recidiva plurima.

Il lavoratore impugnava il licenziamento sostenendo che le nuove mansioni non fossero conformi alle prescrizioni mediche. Il Tribunale di Forlì respingeva la domanda e la Corte d’Appello di Bologna, confermando la sentenza del Tribunale forlivese, riteneva il licenziamento “emesso nel pieno rispetto del contratto collettivo nazionale e proporzionato all’errore, in considerazione della sua reiterazione”.

Veniva quindi adita la Corte di Cassazione, deducendo il ricorrente, fra gli altri motivi, la violazione e la falsa applicazione del principio di proporzionalità tra fatto contestato e provvedimento di licenziamento, soprattutto con riguardo alle circostanze concrete ed alle modalità soggettive della condotta del lavoratore.

La Suprema Corte, tuttavia, rigettava il ricorso del lavoratore.

A tal proposito, gli Ermellini hanno sancito che, come risulta da una consolidata giurisprudenza in materia, sebbene la tipizzazione della giusta causa nel CCNL non sia vincolante per il datore di lavoro, perché spetta sempre al giudice valutare se la condotta del lavoratore è così grave da legittimare il licenziamento, la scala valoriale del contratto deve rappresentare uno dei “parametri di valutazione” del giudice. 

Nel caso in esame, dunque, la recidiva plurima, indicata nella scala dei valori del contratto come ipotesi che giustifica il licenziamento per giusta causa, acquisisce un peso considerevole.

Infatti, i giudici di legittimità riconoscono che, in casi come quello oggetto della seguente analisi, la prosecuzione del rapporto di lavoro sarebbe pregiudizievole per gli scopi aziendali, in considerazione della condotta di un lavoratore “che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti ed a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza”.

Con la sentenza in analisi, la Corte di Cassazione ha stabilito che, se la clausola del licenziamento per recidiva plurima è inserita all’interno del CCNL, incappare più volte nello stesso errore in un breve arco di tempo potrebbe rappresentare una giusta causa di recesso del datore di lavoro.

 

 

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